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Il Festivaletteratura 2023. Mantova e i colori di settembre.

Tra i riti dei miei settembre (quando abitavo a Venezia, la Mostra del cinema al Lido e a Campo Sant’Angelo, di ritorno dalle vacanze in Puglia dalla mamma; la ripresa della scuola; i compleanni degli amici di giovinezza sparsi per l’Italia, festeggiati ogni anno in un luogo bello tra le colline e l’Adriatico centrale…) un posto assai significativo ricopre il Festivaletteratura di Mantova.

L’ho frequentato, da più di vent’anni: come spettatrice appassionata, come volontaria accompagnatrice degli studenti (entro il Progetto Galeotto fu il libro – come quando e perché un libro ci vinse) del Liceo Ariosto.

Quest’anno, grazie all’intervento del direttore di Periscopio, addirittura come addetta stampa, insieme a Roberta Barbieri, amica e collega anche lei ‘Galeotta’ e collaboratrice di questo giornale. Due giornate intensissime, brevi e lunghe allo stesso tempo, a muoversi nella città splendente e animata, da un luogo all’altro ad ascoltare, guardare, respirare, annusare, godere.

 

Amo questo festival perché mi consente, anzi richiede, di fare proprio quello che mi piace di più: girare per strade e piazze, entrare nel corpo e nell’anima delle città. E Mantova nei giorni del festival possiede e regala un corpo e un’anima davvero speciali: la luce, i colori, i suoni, gli odori, tutto è caldo, blu e dorato. Incontri gente felice, ascolti cose belle, ti apri e ti raccogli.

In questa occasione particolare, il viaggio era iniziato già diverse settimane prima, giacché abbiamo dovuto scegliere per tempo gli eventi a cui partecipare, per poter ottenere i biglietti d’ingresso. E già quella è stata una emozione per me diversa, giacché quando ho fatto la volontaria difficilmente potevo muovermi dal sito a cui ero assegnata per provare ad assistere ad altri eventi e quando ci sono andata, da spettatrice autonoma, decidevo generalmente all’ultimo momento, per cui trovavo praticamente tutto esaurito e me ne andavo in cerca di sorprese negli svariati eventi gratuiti che il festival offre.

Leggere il ricchissimo programma con grande anticipo, per di più insieme a Roberta in modo da individuare eventi a cui andare assieme e altri autonomamente, mi ha da un lato rinverdito ricordi preziosi di luoghi e monumenti noti e dall’altro fatto scoprire siti nuovi, da cercare, come mi piace fare, subito nella mappa della città.

Festivaletteratura 2023 Mantova e i colori di settembre

Nella scelta, poi, ci siamo fatte guidare dal tema, dai nomi, dal titolo degli eventi, per cui ci siamo costruite una mappa personale e nello stesso tempo intrecciata, che ci consentisse percorsi autonomi e momenti di incontro (almeno un evento al giorno + i pranzi e le cene, seppure il più delle volte velocissimi).

All’arrivo, dopo la sistemazione in hotel che ci regala già buone sensazioni (è l’alberghetto di fronte alla stazione, dove tantissimi anni fa abbiamo inaugurato, noi due insieme, le stagioni mantovane, che poi sono diventate uno dei clou in termini di ‘trasferte Galeotte’ proposte agli studenti e lo troviamo piacevolmente migliorato sia come servizi che sul piano dell’accoglienza), ci tuffiamo nell’atmosfera del festival.

Ci rechiamo in Piazza Leon Battista Alberti, all’ufficio stampa, dove ritiriamo il badge e i preziosi gadgets – borsa, maglietta pennarello e quadernetto – insieme, ovviamente, al prezioso catalogo. E qui già incontriamo due brillanti studentesse ‘Galeotte volontarie‘, e qui ci fermiamo al primo degli eventi: Educare alla lettura, un’utopia possibile con Alice Bigli, appassionata libraia e direttrice artistica di Mare di libri a Rimini; ce lo gustiamo insieme, felici e orgogliose di sentire, dalla relatrice, tanti spunti, consigli, osservazioni che richiamano quella che per anni è stata la nostra pratica didattica.

Nel pomeriggio le nostre strade si dividono. Io vado in un luogo nuovo, per me, al festival: l’Aula magna dell’Università, che mi fa scoprire un complesso monumentale gotico in mattoni rossi, la trecentesca chiesa di San Francesco, giacché si trova nell”ex convento. Qui si parla di Ripensare le città. Ripensare la mobilità: ho scelto questo evento perché curiosa di ascoltare Luca Molinari, critico, curatore e professore ordinario di Teoria e Progettazione dell’Architettura presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, di cui ho letto di recente il testo La meraviglia è di tutti. Corpi, città, architetture.

Molinari dialoga con Federico Ferrazza, direttore di Wired Italia, che ha dedicato negli anni molti approfondimenti al tema del ripensamento radicale delle nostre città, e soprattutto dei diversi modi in cui ci muoveremo nei territori metropolitani, chiamati come siamo alla sfida per un pianeta più sostenibile e solidale.

I due interlocutori trattano il tema alternandosi e intrecciandosi nell’illustrazione di significativi esempi di città moderne, che stanno in vario modo affrontando il problema dell’inquinamento automobilistico e prospettando soluzioni diverse, tutte interessanti.

Tokio, dove si cerca di limitare al massimo il numero di auto private incrementando i servizi pubblici e l’uso delle biciclette e vietando di parcheggiare in strada, con in più la scelta di rendere molto difficile e costoso l’accesso ai parcheggi così da disincentivare l’acquisto di auto private. Oslo, dove si fa leva sulla diminuzione dell’uso di automobili come possibilità di contribuire alla cura del benessere collettivo.

San Francisco, in cui si è attivato un sistema intermodale che tiene insieme, tramite la gestione affidata a un mega computer, mezzi di locomozione vari e variegati, tra cui perfino ‘automobili senza guidatore’. La disamina del problema porta comunque i due esperti a concludere che è quasi impossibile immaginarsi le città senza macchine e che la città senza auto va pensata in relazione alla disponibilità di altri ‘veicoli’ di relazioni, incontri, comunicazione, connessione…

Con la mente piena di stimoli e curiosità, mi allontano. incamminandomi verso Palazzo San Sebastiano, luogo stupendo che ha il valore aggiunto di essere stato svariate volte il sito del festival a me assegnato come volontaria.

L’evento che ho scelto ha un titolo magnifico e immaginifico: Il francese nel cervello, lo spagnolo nel cuore. Miguel Bonnefoy, giovane autore plurilingue, sarà intervistato dalla scrittrice Gaia Manzini e tradotto dalla fantastica Marina Astrologo.
Dopo uno sguardo attento e un po’ nostalgico all’ampio e arieggiato cortile sede dell’evento, la mia attenzione è attratta, ovviamente, dal banchetto dei libri: li vorrei tutti, ma ho la casa strapiena, devo trattenermi, perciò mi limito ad acquistare Eredità di Bonnefoy e La via delle sorelle di Manzini.

M. Bonnefoy, G. Manzini e M. Astrologo

C’è la vita in questi due titoli, c’è la famiglia, la storia, il sentimento…ciò che cerco e che a mia volta vorrei riuscire a scrivere. Ma ora sono qua perché mi interessa sentir parlare di lingue, quella del cervello e quella del cuore…  l’ospite arriva e mi colpisce, anche se sono seduta abbastanza in fondo, la sua faccia aperta e sorridente, la sua testa riccioluta, la maglietta bianca, il fare allegro e gentile.

La prima domanda, molto pregnante, verte proprio sulla lingua, anzi sulle lingue che Miguel conosce, padroneggia, usa: se la lingua è patria, chiede Gaia, qual è per te patria? Miguel risponde in francese e io resto subito affascinata dai suoni e dai gesti del suo parlare.

Poi Marina alza gli occhi dal quadernetto in cui, ottima traduttrice, ha trascritto le parole dello scrittore, si concentra e ci regala, come tante volte le ho visto fare dall’inglese, la sua brillante traduzione, che colpisce perché è viva, animata, coinvolgente.

La risposta di Miguel tocca aspetti di vita significativi, stimolanti: la sua situazione familiare – figlio di diplomatici – lo ha portato a cambiare spesso paese e lingua, ma lui sostiene fortemente che in molti viviamo una sorta di meticciato, di ibridazione, quasi porosità: se andiamo indietro nella genealogia, in molti scopriamo di non essere unici né univoci. Poi passa a parlare di letteratura, che è per lui, contrariamente a quel che tanti sostengono, non un viaggio, ma un restare, una sorta di albero maestro: per chi, come lui, è nato dentro al viaggio, leggere è un restare.

Si passa quindi ad analizzare l’ultimo romanzo di Bonnefoy, L’inventore, la storia di Augustin Mouchot, «un “eroe eccentrico”, uno dei grandi dimenticati della scienza non perché le sue ricerche non siano state abbastanza perseveranti o le sue scoperte abbastanza ingegnose, ma perché la follia creatrice di questo scienziato testardo, freddo e severo si è ostinata a conquistare l’unico regno che l’uomo non è mai stato in grado di ‘espugnare’: il sole.

Una storia intensa, a tratti commovente, rischiarata dall’ironia e dalla magia di una scrittura che, come d’abitudine per Bonnefoy, guarda al latinoamerica e al suo portato di malia narrativa che indaga la vita e le opere di Mouchot, misconosciuto precursore delle ricerche sull’energia solare in un’epoca, la seconda metà dell’800, in cui il mondo viveva all’ombra del carbone» (Dalla recensione di Guido Caldiron, Il Manifesto 17 giugno 2023).

Miguel racconta di essere stato attratto da questo personaggio sconosciuto ai più e di avergli voluto dare visibilità attraverso il racconto delle sue imprese folli; si è soffermato in particolare sull’episodio della invenzione della macchina che produce col medesimo procedimento, col sole, energia calda e poi ghiaccio.

E, con un coup de théâtre che affascina il pubblico e spinge Marina Astrologo a guardarlo con un occhiolino di meraviglia, definisce questo episodio ipotiposi, vale a dire quella figura retorica riferita ad una singola scena che definisce tutto quello che l’autore ha voluto dire in un libro, il cuore del libro (come, nel film Il Gattopardo, la scena della pelle di animale che vola in alto e poi precipita sul terreno, a simboleggiare perfettamente la parabola della nobile famiglia ormai decaduta).

L’intervista a Bonnefoy si chiude con una interessante domanda sulla possibile analogia tra l’inventare in scienza e in scrittura; l’idea che arriva, dice Miguel, in entrambi i campi era già lì, viene da lontano, svolazza già lì intorno a te, tu devi solo trovarla (come dimostra l’etimologia della parola, che deriva dal latino in-venio, ciò che viene a te).

L’incontro è risultato molto interessante, ma io sento che mi manca qualcosa e ho già pronta la mia domanda, ma il microfono arriva prima a un signore che parla francese e che chiede a Bonnefoy, e questo avevo io in mente, proprio di tornare al tema delle varie lingue in lui compresenti, come il titolo dell’evento lasciava intendere e Miguel rivela che lui vive benissimo con le sue tante lingue (lo spagnolo, la lingua materna e paterna, il francese che ha studiato, il portoghese appreso nei numerosi soggiorni in quel paese, il danese che è la lingua di sua moglie): tutte le lingue che possiamo possedere non ci rendono pazzi, ci arricchiscono e ci completano.

Non posso descrivere in modo altrettanto dettagliato tutti gli eventi cui ho assistito nelle due intensissime giornate, ma due luoghi-culto del festival non voglio tralasciare: Le LAVAGNE, un’enciclopedia di piazza scritta bianco su nero, lezioni en plein air nella suggestiva Piazza Mantegna, dove il pubblico assiste dai gradoni della facciata della basilica di Sant’Andrea e gli ACCENTI, rapidi e incisivi incontri nella Tenda Sordello.

LE LAVAGNE, un’enciclopedia di piazza scritta bianco su nero

Mi è capitata la fortuna di seguire la brillante lezione ‘alla lavagna’ di Marco Drago su Frank Zappa spiegato bene la sera di giovedì 7 e due stimolanti e accattivanti incontri in Tenda Sordello la mattina dopo:
Lecce e il suo mare in cui Sarah Gainsforth intervista Rita Miglietta sul Piano delle coste di Lecce. E “Ripartiamo da Zero”, un simpatico gioco proposto da Marta Bacigalupo e Luca Pareschi a Zerocalcare: una serie di domande riferite a parole curiose, che il fumettista deve pescare in una ciotola e che richiamano le domande trite e ritrite che gli vengono spesso rivolte.

Grazie Mantova! Grazie Festivaletteratura

Nota bibliografica:

  • Alice Bigli, Leggere piano, forte, fortissimo. Come allenare alla lettura ragazze e ragazzi, Milano, Mondadori 2023
  • Luca Molinari, La meraviglia è di tutti. Corpi, città, architetture, Torino, Einaudi 2023
  • Miguel Bonnefoy, Eredità, 66hand2nd 2021
  • Miguel Bonnefoy, L’inventore, 66hand2nd 2023
  • Gaia Manzini, La via delle sorelle, Milano, Bompiani 2023
  • Consiglio Comunale di Lecce, Piano Comunale delle Coste, 2022

In copertina: Zerocalcare ospite al Festivaletteratura. Cover e foto nel testo sono dell’autrice.

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Maria Calabrese

Pugliese di Foggia, trapiantata a Venezia, poi a Ferrara, il che dimostra che amo le città belle. Amo altresì i libri, i quadri, i dischi, l’archeologia. Ho studiato letteratura e lingue classiche e le ho insegnate per molti anni con grande passione. Canto in un coro, studio la fisarmonica di papà. Amo scrivere ma ancor più leggere, anzi nel leggere e nell’incontrare scrittori mi capita di trovare linfa per il mio scrivere.

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