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PNRR: L’Italia nel 2023 crescerà dell’1,2% come PIL, ma in realtà ci stiamo impoverendo

La Commissione Europea ci informa che il nostro Pil crescerà nel 2023 dell’1,2%, più degli altri paesi europei! Ma si tratta di un bluff.

Intanto dovremmo finirla di usare il PIL come indicatore di benessere.
Infatti lo stesso OCSE ci informa che nel 2022 l’Italia, pur avendo avuto un +3,7% di Pil (fonte Istat), ha visto un calo del reddito reale delle famiglie di -3,5%. Ma a parte il reddito, abbiamo un welfare in via di disfacimento e tutte le variabili legate alla modernità sono in peggioramento: inquinamento, criminalità, immigrazione, povertà, litigiosità, natalità, disoccupazione, giovani NEET, suicidi, solitudine, relazioni umane.

Ma stiamo anche solo all’economia. Keynes consigliò una terapia in tempi di recessione che violava il principio di pareggio di bilancio allora in voga tra gli economisti: se si immette liquidità aggiuntiva, attraverso la spesa pubblica, aumenta il reddito nazionale. Attraverso il “moltiplicatore keynesiano” il Pil aumenterà di “x volte” il surplus di spesa pubblica, in base alla propensione marginale al consumo (che è massima per poveri e disoccupati e minima per i ricchi).
A seconda delle modalità di aumento della spesa pubblica la crescita economica sarà quindi più o meno sostenuta in base all’aumento della domanda di beni di consumo e di investimento. Se la spesa pubblica aggiuntiva va ai lavoratori a basso reddito o ai disoccupati (come Keynes proponeva), l’incremento dei consumi sarà molto rilevante e avrà un effetto significativo sulla domanda aggregata (consumi + investimenti). Se invece la spesa pubblica aggiuntiva finisce ai ceti ad alto reddito potrebbe trasferirsi in parte nella finanza, o in beni di consumo di lusso, e avere scarso impatto sull’economia reale.

I circa 60 miliardi che quest’anno incasseremo dalla Ue per il Pnrr andranno direttamente agli investimenti e ai consumi.
In base ad una stima realistica (e prudenziale) possiamo dire che l’effetto del moltiplicatore della spesa pubblica aggiuntiva sarà per quest’anno di circa 1,5%, che si traduce in una spesa complessiva di 90 miliardi di euro.
Poiché il nostro Pil nel 2022 è stato pari a 1.909 miliardi di euro, questo incremento stimato dovrebbe far crescere il Pil del 4,7%. Se mettiamo a confronto questa stima di incremento del Pil con quella della UE (+1,2%), si deduce che siamo in netta recessione e che senza questa iniezione di euro dalla Ue avremmo avuto, secondo queste stime, una recessione del 3,5%, fermo restando le altre variabili del mercato (interno e internazionale).
Inoltre, almeno un terzo di questi 60 miliardi li dovremo restituire e questo significa che ci stiamo ulteriormente indebitando e stiamo scaricando sul futuro un peso finanziario insopportabile.

Quello che viene sbandierato come un successo è di fatto un grande bluff.

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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