da MOSCA – Il tempio del balletto, della musica, dell’amore, della bellezza. Questo rappresenta, per tutti noi, il celebre Teatro Bol’šoj, ovvero Il Grande Teatro (il nome ufficiale è, tuttavia, Gosudarstvennyj akademičeskij Bol’šoj teatr Rossii, ossia “Gran Teatro nazionale accademico di Russia”). La meta di tanti appassionati di danza che giungono a Mosca. E per gli appassionati che ancora non lo sapessero, in Italia molti spettacoli del Bol’šoj si possono vedere al cinema [vedi].
E allora addentriamoci nella storia di questo teatro e negli spazi meravigliosi da poco ristrutturati.
Questo luogo da sogno sorge nello stesso luogo dove sorgeva il teatro Petrovskij che era stato inaugurato nel 1780 e incendiato nel 1805. Nel 1819 fu bandito un concorso per il progetto del nuovo teatro, competizione vinta da Andrej Michajlov. Tuttavia, il suo progetto fu ritenuto troppo costoso e il governatore di Mosca, Dmitrij Vladimirovič Golicyn, incaricò l’architetto Giuseppe Giovanni Bove di modificarlo. Bove, in russo Osip Ivanovič Bove, era nato a San Pietroburgo nel 1784, figlio del pittore Vincenzo Giovanni che da Napoli si era trasferito, nel 1782, a Pietroburgo al seguito dell’ambasciatore napoletano Antonino Maresca, duca di Serracapriola.
I lavori del nuovo progetto cominciarono nel 1820 ed il nuovo Gran (Bol’šoj) Teatro Petrovskij fu inaugurato il 18 gennaio 1825, con il balletto Cendrillon di Fernando Sor. Nel 1853, un incendio causò seri danni alla struttura, che fu riaperta nel 1856. L’interno fu realizzato su disegno dell’architetto italo-russo Alberto Cavos (1853-1856). Oltre a questo, Cavos, figlio del compositore Catterino Cavos, disegnò anche gli interni del teatro Mariinskij di San Pietroburgo (1859-1860). Ancora italiani che mettevano il loro buon (e rinomato) gusto.
Dopo tanti anni di gloria, l’edificio storico del teatro, che oggi è anche raffigurato sulla banconota da 100 rubli, sarebbe stato chiuso per restauri dal 2005 con l’obiettivo di riportare la struttura agli antichi splendori pre-comunisti. Durante l’epoca di Stalin, infatti, erano stati eliminati gli imponenti lampadari, gli stucchi e tutto quanto potesse evocare il lusso del periodo zarista. Il teatro fu trasformato anche in sede di riunioni e congressi di partito con strutture che ne avevano compromesso l’acustica. Quel luogo andava riportato ai suoi splendori, lo si doveva rivedere com’era nato, come luogo di arte, libera da ideologie. La cerimonia di inaugurazione del nuovo Bol’šoj è avvenuta il 28 ottobre 2011.
Oggi noi lo abbiamo visto in tutto il suo rinnovato splendore. Abbiamo varcato quelle porte e quegli archi imperiali, sentendoci, anche noi, un po’ zar e zarine, ascoltando le note di Giselle, ammirando la sua leggerezza, il suo volare sulle punte, come una magica farfalla, percependo tutta la forza del cosmo intorno a noi, attraversando quei corridoi magici, con un’emozione indescrivibile. Proprio perché quest’emozione è difficile da descrivere e perché va davvero provata, almeno una volta nella vita, non vogliamo spendere troppe parole che, comunque, non sarebbero adeguate.
Vi lasciamo allora solo alle immagini, ad alcune fotografie scattate per portarvi con noi.
Buon sogno.
Fotografie di Simonetta Sandri
Sostieni periscopio!
Simonetta Sandri
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it