Ai luoghi che restano e ci vedono passare
Acchiappastorie è il nome, azzeccatissimo, della collana di Terre di Mezzo che più mi piace, compagna paziente di questi afosi pomeriggi di vacanze estive. Sono al mare, finalmente un po’ di riposo e di relax, immersa nelle letture che più mi piacciono, da sempre, gli albi illustrati per ragazzi ma anche per adulti che si sentono sempre bambini. Una bella vignetta di Snoopy mi ricorda che abbiamo sbagliato tutti quando ci chiedevano cosa volevamo fare da grandi: la risposta giusta era restare bambini. Io ci provo, almeno, e non mi è difficile.
In queste acchiappastorie ci sono tutti gli ingredienti più appetitosi: (acchiappa)sogni, (acchiappa)fantasmi, (acchiappa)fantasia, (acchiappa)ricordi, (acchiappa)bellezza.
Lei è una delle autrici-illustratrici francesi più interessanti del panorama di questa zona sogni: Delphine Perret, classe 1980, laureata in design alla Scuola di Arti Decorative di Strasburgo. Con Terre di mezzo Editore ha pubblicato Björn (2018) e Björn. Una primavera di scoperte (2019) e Tutto comincia da un punto (2020). In Francia è stata premiata al Salone del libro di Montreuil, la più importante fiera francese dell’editoria per ragazzi.
Il libro che ho tra le mani è il suo ultimo capolavoro, L’estate più bella (Le plus belle été du monde, Éditions les Fourmis rouges), da lei scritto e illustrato, che ha ottenuto il Prix Sorcières (il premio attribuito dall’associazione dei bibliotecari di Francia e dell’associazione librerie specializzate per ragazzi) ed è stato inserito nella IBBY Honour List 2022 (IBBY è l’organizzazione no-profit l’International Board on Books for Young People che effettua una selezione biennale di libri di recente pubblicazione, opera di scrittori, illustratori e traduttori dei suoi paesi membri, caratterizzati dal rappresentare il meglio della letteratura per bambini del Paese di provenienza ma dall’essere, allo stesso tempo, adatti alla pubblicazione in tutto il mondo, con un approccio quindi interculturale. Le collezioni permanenti dei libri della Lista d’Onore sono conservate a Monaco di Baviera, Zurigo, Bratislava, San Pietroburgo, Tokyo, Kuala Lumpur, Tucson).
L’estate più bella riporta indietro nel tempo, quando i gesti più semplici erano naturali e ci rendevano felici, oggi più che mai che quei momenti restano solo bei ricordi.
Il libro è illustrato con acquerelli dai colori tenui e un poco sfuocati, come il ricordo e il tempo spensierato dell’infanzia meritano.
La bellezza dei momenti passati solo con la mamma, in attimi fatti di felicità e complicità memorabili, ci abbraccia teneramente. Bastava un gelato, un prato verde e un picchio rumoroso a rendere unica un’estate che trascorreva lenta.
Il libro è un dialogo ma è fatto anche per essere letto ad alta voce, a due magari, leggendo e rileggendo passaggi alla sera prima di andare a dormire. Va sfogliato e risfogliato con calma, immagini, parole e pensieri quasi da cullare.
Delphine si ispira ai ricordi d’infanzia della casa dei nonni nel dipartimento del Giura, in Borgogna, e accarezza la dolcezza dei luoghi che restano e ci vedono passare. Quella casa di campagna, fatta di paesaggi quasi eterei, accoglie tutti gli elementi di un bel racconto d’infanzia: le caramelle all’ananas rimaste sull’armadio di cui sentiamo ancora l’odore e il sapore, gli stivali da pioggia gialli che forse un anno dopo sono diventati un poco stretti, i tappi di sughero numerati e dimenticati, i fili d’erba che fra le labbra emettono piacevoli suoni, la soffitta piena di polvere, stoviglie, fotografie e forzieri, le api, i calabroni e le ortiche, un attento fuocherello nel bosco, il lavarsi i denti canticchiando in pigiama, prima di andare a letto, l’osservare un picchio verde, uno scarabeo, un grillo, i girini, una farfalla, una tela di ragno o le formiche, le foto di un cane nella sua cuccia, le macchinine colorate da non lasciare lungo le scale, il sonnellino pomeridiano, le pigne da colorare, il rumore dei passi sulla ghiaia, la cena con l’attesa del dolce, la visita degli amichetti e le avventure nelle tende o nelle recite teatrali, spettacolo in maschera e costume, la raccolta di more o di lamponi, i guanti spaiati (perché mai si trova sempre solo il destro?), il panino mordicchiato a metà, i soldatini da spostare perché stanno sempre in mezzo, un piccolo guscio d’uovo di volpe.
I luoghi dove passiamo e che restano non significano tanto che le cose ci sopravvivono ma, come dice l’autrice in una delicata e originale intervista su radio france, che vi invito ad ascoltare se comprendete il francese, che quei luoghi sono fatti da tutte le persone che ci hanno preceduto. Se si tratta di membri della famiglia, magari sono ancora lì con noi (“mi ricordo che un giorno il nonno ha portato a casa una biscia enorme, in un catino”. “Il nonno? Quand’era piccolo?” “No, era grande. Era già diventato il mio papà”… “Quando il nonno è morto, tu hai pianto?”. “Certo”) se, invece, sono altri, sono coloro che, con la loro esistenza, hanno fatto quei luoghi. Coloro che gli hanno dato vita, respiro, luce, energia e anima. E che nel e con il ricordo di tutti accompagnano la storia. Parlare e raccontare di chi non c’è più anche a chi non lo ha mai conosciuto rende vivo un essere che magari da lassù ci guarda con affetto, tenerezza o amore. La memoria salva, fa amare la vita e cerca di impedirne corsi e riscorsi storici. Anche il semplice ricordo di un sapore può essere meraviglioso.
La complicità con un genitore, fatta di piccoli ma indimenticabili momenti, rimane per sempre, se pur sfumata da e con un acquerello. L’acquerello della vita che scorre.
Il tutto mentre si prova ad allacciarsi da soli le scarpe, finché, dopo numerosi vani tentativi, finalmente vi ci si riesce. E allora si è cresciuti. Ricordando quell’estate, lontana ma vicina, quell’estate che è ed è stata la più bella del mondo.
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Simonetta Sandri
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