Come si diventa lettori? Al posto del punto fermo metto un punto di domanda e giro a voi che leggete il quesito su come avete preso in mano il primo libro e come poi avete continuato…
Come si diventa lettori: con i due punti mi do altresì la possibilità di elencare varie modalità di approccio ai libri, alcune le conosco per averle sperimentate e di altre ho avuto notizia da altre lettrici e lettori.
Comincerei da questa seconda opzione e vorrei esporre il caso che lo scrittore inglese Alan Bennett [Qui] ha raccontato nel suo romanzo breve La sovrana lettrice, uscito nel 2007 col titolo The Uncommon Reader e subito tradotto per Adelphi da Monica Pavani.
Ho appena finito di leggerlo e di gustarne l’ironia. La sovrana che diventa lettrice è come immaginate Elisabetta II d’Inghilterra e a condurla ai libri in età già matura è il caso.
O meglio, Bennett riporta che “fu tutta colpa dei cani” della famiglia reale: un bel giorno si misero ad abbaiare furiosamente in uno dei cortili del palazzo di Windsor e lì si fecero trovare dalla regina, esattamente davanti al furgone della “biblioteca circolante del distretto di Westminster” parcheggiato vicino ai bidoni della spazzatura presso le cucine.
Colpa dei cani e in più dello sguattero Norman, un giovane strambo trovato quel giorno sul furgone a richiedere un libro e presto promosso dalla regina a suo cameriere personale. Perché Norman, oltre a consigliarle le letture e a discuterne con lei, ha la dote rara di essere se stesso quando è al suo cospetto, di rimanere spontaneo.
La lettura invade gradatamente le giornate della sovrana, la quale ha sempre e solo letto per senso del dovere e ora comincia a provare piacere per le trame dei libri che legge, per l’umanità che vi trova rappresentata.
Conosce così gli autori classici della letteratura inglese e anche i più moderni, si avvicina alla saggistica e agli autori meno convenzionali che Norman predilige. Prende libri da tutte le biblioteche di sua proprietà e li divora in ogni momento libero.
Nel corso degli incontri con le più alte cariche dello Stato inglese e con i premier di altri paesi si informa sugli scrittori più famosi delle rispettive letterature e cita volumi che, a quanto pare, solo lei ha letto. Spargendo all’intorno anche un certo imbarazzo…
Oltre all’imbarazzo, i suoi collaboratori provano un vero e proprio disagio davanti al suo evidente cambiamento: la regina ha perso la sua proverbiale puntualità! Quante volte arriva agli appuntamenti ufficiali con alcuni minuti di ritardo e con l’aria di chi riemerge da un luogo lontano e misterioso.
In altre circostanze si mostra sognante e commossa, tanto che si sparge in fretta la voce che i suoi cedimenti emotivi siano dovuti a un principio di senilità. Anche le sue mises, pur impeccabili, non sempre sono esclusive, talvolta gli accessori sono abbinati agli abiti senza la cura abituale.
Bennett fa il giro di tutti coloro che frequentano la sovrana, familiari inclusi, fino a chiudere il cerchio del disdoro generale con i cani, da cui tutto era partito: “l’avversione per le letture della regina non era circoscritta al personale di corte;…seppur viziati e bisbetici, i cani non erano stupidi, perciò… se capitava che alla regina cadesse un libro sul tappeto, ecco che arrivava subito un cane ansioso di balzarci sopra, scrollarlo come un topo e portarlo in un remoto angolo del palazzo, dove si potesse felicemente farlo a pezzi”.
Dentro, tuttavia, bisogna chiedersi cosa provasse la sovrana, quali effetti avesse su di lei la lettura. E la risposta è presto detta: la lettura le stava arricchendo la vita. La vita interiore. La metteva in grado di scrutare più a fondo le vite degli altri e di assumerne il punto di vista.
Sdoppiava, anzi moltiplicava le prospettive di giudizio su uomini, stati, congiunture storiche del presente e del passato. Tanto da condurla a sentirsi sdoppiata, a provare un dualismo sempre più pesante da sopportare: “Adesso si sentiva troppo spesso scissa in due. Leggere non era agire, quello era il problema. Anche a ottant’anni, lei era una donna d’azione”.
Come uscirne? Col tempo la sovrana prende la piacevole abitudine di trascrivere le frasi importanti trovate nei libri: “quando scriveva qualcosa, anche se era solo un appunto, era felice come lo era stata leggendo”.
Nel romanzo di formazione in cui sta vigorosamente crescendo, la scrittura può forse diventare una forma di azione e un modo per realizzarsi compiutamente? Pensando che in realtà non arriverà mai a scrivere un intero libro e men che meno a pubblicarlo, persino il primo ministro la incoraggia in tal senso.
Al compimento del suo ottantesimo anno, sua maestà ha comunque preso una decisione. Davanti al Consiglio della Corona riunito per festeggiarla tiene un breve discorso e stupisce tutti comunicando che dopo la sua lunga vita di sovrana, peraltro ricchissima di esperienze, sente di “doverla riscattare con l’analisi e la riflessione”. Diventando sul serio una scrittrice. Ma non basta, c’è un’altra importantissima comunicazione che lascia basiti i presenti. Quale? Bisogna leggere esattamente l’ultima riga del romanzo per saperlo.
Ora vorrei passare a un secondo caso, quello di Chloe e Thomas, i miei nipoti di cinque e tre anni, che si stanno avvicinando alle storie in modo sistematico grazie alla iniziativa della loro scuola materna, La mongolfiera di Porotto.
Ogni lunedì portano a casa il libro della settimana, da riconsegnare il lunedì seguente, così si avvicinano alle storie per immagini di cui è fatta la biblioteca scolastica; ma qualche breve didascalia non manca e le parole scritte nero su bianco cominciano a entrare nel loro raggio d’azione, specie nella curiosità di Chloe, che sa già scrivere in stampatello un certo numero di parole.
La sera prima di dormire ascoltano insieme il papà che legge loro una fiaba, tuttavia leggere i libri della settimana ha una significato speciale: li rende titolari di una attività riconosciuta nella loro comunità scolastica e in più ognuno di loro ha in carico libri propri, non necessariamente di coppia. Che brave le maestre della Mongolfiera!
Avete avuto anche voi una maestra o un insegnante (con apostrofo o senza) che vi ha avviati al mondo della lettura? Cosa rispondereste alla prima domanda: come si diventa lettori?
Nel mio caso dovrei parlare di insegnanti al femminile, riferendomi alla meravigliosa docente di lettere, che alla scuola media mi ha spinta a leggere e a parlare con i libri, e a me stessa che per tutta la carriera ho cercato di condividere con gli studenti la stessa passione.
Rispetto a Elisabetta II ho seguito il percorso lessicale inverso: prima sono diventata una lettrice, poi la sovrana dei libri che ho letto e del regno che mi è cresciuto dentro.
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Roberta Barbieri
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