A parte che assai probabilmente è una balla grande come una casa, una delle mille e mille che Berlusconi ci ha rifilato in questi (troppi) anni, è anche un bel chi se ne frega, diciamolo.
Che lo sognasse da bambino vuol dire che oggi ne avrebbe più diritto, più merito, più non so cosa? Perché a leggere su certi giornali, sempre genuflessi, questa Ode al povero Cavaliere caduto da cavallo (Foscolo perdonami) sembrerebbe proprio di sì. E la cosa peggiore è che citare quell’ipotetico temino infantile sembra una cosa commovente, che fa onore a Berlusconi, che un poco lo risarcisce della delusione. Invece è solo patetico, e anche ridicolo (le due cose vanno spesso a braccetto).
Quanti bambini avranno scritto a sette anni “da grande voglio fare il Presidente della Repubblica?”. Pochi, mi figuro, pochi megalomani malamente politicizzati già a quell’età. Ma qualche decina o qualche centinaia ci sarà stato. Che facciamo? Un’ode anche per ciascuno di loro? Un bel titolone di prima pagina, o in Home page? E tutti quelli che volevano fare gli astronauti e ora portano in giro le sacche di Glovo rovinandosi la salute e rischiando la pelle correndo in strada per quattro euro lordi l’ora? Quei sogni infantili malamente spezzati come li risarciremo? Avremo la stessa attenzione e compassione (in senso nobile)?
C’era chi voleva sposare Simon Le Bon e qualcosa – più di qualcosa – ne ricavò anche, a conferma che i sogni è sempre bene inseguirli tenacemente, ma quel matrimonio non s’era da fare e non si fece, e il Paese non ne soffrì più di tanto, che io ricordi.
Pudore pudore… (Raffaella Carrà, 1979).
Nota: questo articolo di Piergiorgio Paterlini è già uscito il 23 gennaio in http://paterlini.blogautore.espresso.repubblica.it/