da: ufficio stampa Coldiretti
Secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes sui crimini agroalimentari in Italia il giro d’affari dell’illegalità dal campo alla tavola vale 14 mld e coinvolge cinquemila ristoranti.
Si stima che almeno 5mila locali di ristorazione (bar, ristoranti, pizzerie) in Italia siano in mano alla criminalità organizzata attraverso spesso l’intestazione a prestanome che non solo garantiscono profitti diretti, ma che assicurano anche una copertura per riciclare denaro sporco.
E’ quanto emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes dal quale si evidenzia che il volume d’affari complessivo della criminalità organizzata, dalla camorra alla mafia fino all’ ‘ndrangheta, è salito dal campo alla tavola a circa 14 miliardi di euro nel 2013. In questa opera di infiltrazione – sottolinea la Coldiretti – le mafie stanno approfittando della crisi per penetrare anche nell’imprenditoria legale poiché è peculiarità del moderno crimine organizzato estendere, con approccio imprenditoriale, il proprio controllo dell’economia invadendo i settori che si dimostrano strategici ed emergenti, come è quello agroalimentare.
Si tratta di aree prioritarie di investimento della malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché – precisa la Coldiretti – consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone in termini economici e salutistici. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale.
Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente.
Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma – conclude Coldiretti – compromettono in modo gravissimo la qualità e lasicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy
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COLDIRETTI
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