La ragazzina è in affido da diversi anni dopo un allontanamento in età prescolare per maltrattamenti raccapriccianti che le hanno procurato, tra l’altro, 80 giorni di prognosi e per i quali entrambi i genitori naturali sono stati condannati a pene severe e decaduti dall’esercizio della responsabilità genitoriale.
Perché
Sono i miei affidatari,
così dice la legge.
Io li chiamo genitori,
sono chi mi protegge.
A loro posso porgere
tutti i miei perché:
Perché gli uccelli volano
e strisciano i serpenti
perché i miei giochi cambiano
o mi cadono i denti
perché la gente muore,
come nascono i figli
e se in cielo c’è un signore
con tanti nascondigli.
Se tre per tre fa nove
e perché, quantomeno
certi giorni, quando piove,
spunta l’arcobaleno.
Ai miei primi genitori
chiederei soltanto
di dirmi le ragioni
di tutto il mio pianto.
Ricordo le frustate
e ricordo le ustioni.
Chiusa intere giornate
senza luci né suoni
in uno sgabuzzino
con i segni sul corpo
di un papà aguzzino
di cui ho perso anche il volto.
Di tutti i miei perché
questo mi sembra il solo
che parla proprio di me
e che preclude il perdono.
C’è chi pensa romanticamente che il legame di sangue sia più forte di qualsiasi cattiva esperienza e porti in ogni caso a riconoscersi, amarsi, appartenersi. Nella mia esperienza a contatto con le vite di tante, tante famiglie questo è spesso vero ma non sempre. Ci sono casi, come quello appena visto, in cui nessun legame d’affetto resiste a fronte di una violenza immotivata e cieca, come quella
CONTRO VERSO, la rubrica di Elena Buccoliero con le filastrocche all’incontrario, le rime bambine destinate agli adulti, torna su Ferraraitalia il venerdì. Per leggere i numeri precedenti clicca [Qui]
Cover: Il carrozzone degli zingari – foto Flickr – licenza Creative Commons
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Elena Buccoliero
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