ehi, mi ricordo di te? che ci fai lì, perché te ne stai rintanato nella poltrona? so chi sei, è da un po’ che ti contempli gli alluci, lo trovi divertente? io non direi che sia il massimo, e tu? quando ci siamo incontrati sei stato molto gentile, penetrante, hai cercato di catturare la mia attenzione con ironia e intelligenza ci provavi in continuazione, ora cosa fai qui? non ti interessa più abbagliarmi con la tua saggezza da sciocco di strada, non c’è motivo che tu lo dimentichi, oppure sì? ebbene sì, io sono ancora qui, non mi vedi? pendo dalle tue labbra, anche se ho sempre fatto finta di nulla, sono sempre stato un buon fingitore, non sei l’unico sai? mi ricordo delle tue parole, tutte, anche se credevi pensassi solo alla birra che il barista stava spillando, anche se pensavi che stessi ascoltando l’ultimo singolo di quel gruppo folk, ero qui, ricordi? la memoria ci fa ricordare solo quello che ci interessa, strano vero? immagazzinare spazio nel cervello, conservarne un pezzetto per questa cosa, ma non è meno importante che fare spazio nel cuore, e io ti ricordo, sai, la ram non è infinita, non è espandibile, quella del cervello è limitata e preziosa, non trovi sia fantastico? oh, ma guarda che non voglio rubarti il posto, non mi credo un poeta, è solo che vederti lì, mi fa pena, mi fa sentire solo, nel frastuono del mondo.
non immagino proprio cosa ti sia accaduto, quella poltrona sa di sudore e lacrime, un misto insopportabile ma necessario, perché non fai qualcosa? su alzati da lì, aspetti di diventare il prossimo lazzaro? e sai, posso capire che ti faccia gola il personaggio, la scena e tutti i dialoghi, senza pensare poi della storia che resterà per millenni, raccontata, di bocca in bocca, di libro in libro, ma non sei lazzaro, anche se la metafora ti garba, guarda che ti conosco bene io, pur non sapendo chi sei nella vita, io ho conosciuto la parte migliore di te, quella che non ti vergognavi a far trapelare, quella che non volevi proprio nascondere, io sì che ti conosco, non vuoi? anche se pensavi che nulla potesse scalfire la mia noiosissima routine, ora voglio dirti come la penso finalmente, ascoltami bene, tu la mia routine l’avevi spezzata in due, sembrava che io facessi solo un break da lavoro, ma ehi, mi ascolti? quel giorno normalissimo, evidentemente noiosissimo, hai spaccato il tempo e lo spazio, e anche se a te sembrerà sciocco dirtelo ora, che sei bloccato su quella sedia, tu hai spalancato la mia immaginazione, mi hai insegnato a vivere, per un breve istante, prima che tornassi a vivere per gli altri, per chi mi ruba tempo e spazio e me lo ripaga con milleduecento euro al mese, eh, sì, io sì che mi ricordo chi eri? e tu pensi di poterci riuscire? pensi di capire, quanto sono amareggiato.
l’amarezza, anche questa cosa qua, che prima riservavo solo ai capi ufficio, ora ti confesso che non fa più male come prima, potrei essere invidioso, vero? guardami! invidioso del tuo modo di fare, del tuo parlare senza tabù, e si lo ammetto lo sono stato, perciò sono scappato, la maggior parte delle volte, anche ora che fai finta di non sentirmi, lo so che invece non è così, come ho provato io a lasciarti fuori dalla mia coscienza, è inutile che cerchi di coprirti con la coperta e cerchi con lo sguardo stanco fuori la finestra, aspettando che la verità possa arrivare dagli alberi, giù in fondo alla strada, non funziona così! credi di essere diverso da quello che pensavi? solo perché un paio di persone ti hanno visto distratto, annoiato, disinteressato? credi che sia vero? le persone molte volte non sono uno specchio, sono solo altre persone, diverse da te, completamente, le persone sono bombe atomiche, ti irradiano il loro malessere e ti lasciano ferite indelebili sulla pelle, tu prova a farla ricrescere, lo farai per me? non sei quel male che ci hanno cucito addosso, le persone non sono degli specchi, sono emittenti letali, irradiale tu, più forte sempre più forte, ci provi per me? non immaginavo che ne saresti rimasto così scottato, frastornato da tutto quel rumore, da tutto quel fumo, non puoi pensare solo ad incassare e resistere, prova a brillare anche tu.
come una bomba atomica, capito? ma veramente pensi di essere il solo? sarò alla mia centesima esplosione, e se non ne ho ricavato molto, almeno sono riuscito a brillare, come una stella prima di diventare un buco nero, provaci, è liberatorio, lo sai? mancano ancora tante settimane, ore e minuti alla tua esplosione? quanto tempo, quanto tempo vorrai far passare ancora? dovrò aspettare molto prima di riconoscerti? su, non avere paura, è naturale, concedersi uno sfogo, purifica l’aria, ascoltami una buona volta, te ne stai ancora lì, seduto sulla poltrona a ricordare chi eri, e fare i conti con quello che sei ora, ridicolo, vigliacco, pezzetto di vita immaginario, hai sognato di diventare un bambino vero, e invece hai fatto la fine di un burattino, non credere che i fili si spezzeranno solo perché tu lo vorrai, ehi, mi senti? devi brillare sugli altri, voltati e fammi un sorriso, prendi quel foglio e ricomincia daccapo, una volta imparato ad andare in bici non si dimentica, anche dopo anni, si riparte per una nuova avventura, non sei mai stato così silenzioso, quelle parole? dove le hai nascoste? anche se sembrava che parlottassi con chicchessia, io ero lì, e per me, anche quando prendevo e camminavo dritto, non curandomi di te e di tutti voi, ti avevo notato, tanto che mi dirai di essere pazzo e bugiardo… “ma come non eri andato via?” mi dirai… e invece no, ti avevo visto con la coda dell’occhio e ti avevo rifiutato, tirando dritto con le mie patatine in mano, ero solo scappato via, ma questo non può averti portato ad odiarmi, non sei affossato in quella poltrona per colpa mia? perché darmi tutta quell’importanza, per poi scappare a tua volta? ehi, ma ti ricordi cosa volevi? devo pensarci io? e non accampare scuse, io c’ero anche quando infine disperato postavi poesie e racconti su siti intelligenti, non mi vedevi il più delle volte, non lasciavo commenti e neppure un like, ma c’ero, leggevo, notavo, e tu… tu c’eri? ci sei?
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Ambra Simeone
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