LA RICORRENZA
Uniti per sradicare la povertà. In Italia è un problema per 16 milioni di persone
Tempo di lettura: 3 minuti
Domani (17 ottobre) sarà la Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà così proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni unite nel 1992, dopo che, il 17 ottobre 1987, più di centomila persone si erano riunite al Trocadéro di Parigi (dove era stata firmata la Dichiarazione universale dei diritti umani, nel 1948), per ricordare le vittime della povertà estrema, della violenza e della fame. Da allora, e quindi da oltre vent’anni, si celebra ogni anno.
La povertà è stata definita come “una condizione umana caratterizzata da prolungata o cronica privazione delle risorse, delle capacità, delle alternative, della sicurezza e della necessaria possibilità di godere di adeguati livelli di stile di vita e di altri diritti civili, culturali, economici politici e sociali” (United nations committee on social, economic and cultural rights, 2001). Durante questa giornata, s’intende quindi promuovere la consapevolezza della necessità di sradicare la povertà e la miseria – terribili e inaccettabili piaghe – in tutti i Paesi del mondo, in particolare in quelli via di sviluppo, il primo degli Obiettivi del millennio, da raggiungere entro il 2015. Per fare questo, bisogna concentrarsi seriamente sulla condizione dei bambini (e delle famiglie che vivono in povertà) e sul bisogno di realizzare i loro diritti alla sopravvivenza, alla salute e all’educazione, a un ambiente protettivo che li tuteli da sfruttamento e abusi.
In questo giorno vanno ascoltati tutti, bambini, giovani, genitori e persone che lavorano con loro per capire cosa fare realmente poter fare per sradicare la povertà e l’esclusione.
Secondo le ultime stime Istat, in Italia, nel 2013, il 12,6% delle famiglie è in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila). Le persone in povertà relativa sono il 16,6% della popolazione (10 milioni 48 mila persone), quelle in povertà assoluta il 9,9% (6 milioni 20 mila).
Questa parola ‘povertà’’ ci sembra d’altri tempi, parte di un vocabolario vecchio e obsoleto, legata a un documentario o a un film in bianco e nero, quando l’Italia usciva dalla guerra o quando i migranti salivano sulle navi per cercare fortuna lontano.
Eppure, oggi, anche in Italia si può essere poveri con un telefonino in tasca, con un bel televisore o un super tecnologico computer sulla libreria di casa. Basta non avere abbastanza per provvedere autonomamente a sé e alla propria famiglia. E questo è spesso il caso, anche nel nostro bel Paese. La nozione di povertà sicuramente varia, per definizione e percezione, e alcuni possono pensare che quella di un italiano non sia comparabile a quella di un abitante di un paese in via di viluppo. Ma, se non si ha una vita dignitosa, il concetto è, alla fine, esattamente lo stesso. La miseria di un Terzo mondo che compromette la sopravvivenza non cambia la sostanza del problema di coloro che vivono in povertà nei paesi più industrializzati, non così poveri da non potere soddisfare i bisogni primari, ma costretti, comunque a vivere di stenti e umiliazioni. A questi si aggiungono i barboni, i senzatetto, i disoccupati cronici, gli immigrati non integrati. Massimo Livi Bacci, Professore di Demografia presso l’Università di Firenze, scrive che “il grado di civiltà della società si misura anche dalla capacità di distribuire la ricchezza e di attenuare gli effetti negativi delle disuguaglianze”.
Non possiamo che essere d’accordo. Il 17 ottobre, dunque, riflettiamo anche su questo.
Sostieni periscopio!
Simonetta Sandri
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it