Il coordinamento ferrarese contro l’autostrada Orte-Mestre è contro lo Sblocca Italia
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da: Rete nazionale Stop Or-Me
Il Coordinamento Stop Or_Me Ferrara aderisce all’appello lanciato dal Forum dei Movimenti per l’Acqua contro il decreto “Sblocca Italia” e partrecipa alla campagna “BLOCCA LO SBLOCCA-ITALIA, DIFENDI LA TUA TERRA”. Mercoledi 15 e giovedi 16 ottobre sarà a Roma al presidio di comitati e cittadini davanti al Parlamento per la difesa del Belpaese contro le trivelle, gli inceneritori e il cemento del Decreto Sblocca Italia. https://it-it.facebook.com/stoporme
La Rete Stop Or_Me Ferrara, che unisce associazioni, comitati e cittadini che si battono contro l’inutile e dannosa nuova autostrada Orte-Mestre ritiene che il decreto “Sblocca-Italia” rappresenti l’ennesima, sciagurata aggressione al territorio e al patrimonio culturale italiano: anziché fermare la colata di cemento, lo Sblocca-Italia la rilancia, la promuove, la incentiva.
Ci opponiamo allo Sblocca-Italia perchè:
rende possibile, con un comma cucito ad hoc, la costruzione della autostrada Orte-Mestre, un inutile monumento d’asfalto, viadotti e cemento , la più insensata e dannosa tra le grandi opere da realizzare sul territorio italiano, progetto già bloccato dalla Corte dei Conti (lo Sblocca-Italia arriva a rimuovere, letteralmente, dal testo del “decreto del Fare” del 2013 una frase che aveva portato la Corte dei Conti, nel luglio del 2014, a bocciare il progetto);
invece di prendere atto del fallimento di alcuni grandi progetti autostradali (tra cui il Passante di Mestre e la BREBEMI), offre ai concessionari non una ma due stampelle: la possibile emissione di project bond e l’accorpamento delle concessioni “limitrofe”.
Avrebbe dovuto “sbloccare l’Italia” snellendo le procedure, nella realtà, invece, il decreto consiste nell’abolizione/riduzione generalizzata delle procedure di controllo. Con il pretesto della rapidità, ogni decisione converge su un decisore unico, vengono annullate le verifiche democratiche (processi partecipativi) e vengono abbandonate le pratiche di pianificazione, a partire da quella territoriale.
Il decreto manca completamente di qualunque visione lungimirante. C’è pochissimo sullo sviluppo di un’economia nuova, su una politica industriale che favorisca la rigenerazione urbana, sulle energie rinnovabili e il superamento dei combustibili fossili.
Eppure ci sarebbe un immenso bisogno di investimenti pianificati nelle opere di difesa idrogeologica, di messa in sicurezza sismica, di manutenzione del territorio in un Paese flagellato da frane, inondazioni, colate di fango, terremoti contro i quali oggi non c’è quasi prevenzione, nella realizzazione di opere pubbliche e di infrastrutture indispensabili, soprattutto su rotaia, nel trasporto regionale e metropolitano, nella fatiscente edilizia scolastica. Ma lo Stato sembra abdicare ai propri compiti per consentire a privati di fare nuovi, enormi profitti sulle spalle dei cittadini-utenti.
Vogliamo un Paese in cui chiamiamo sviluppo ciò che coincide con il bene di tutti, e non con l’interesse di pochi. Un Paese in cui lo sviluppo sia ciò che innalza e non ciò che distrugge, la qualità della nostra vita.
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