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Ho letto con interesse su Ferraraitalia l’articolo di Francesco Monini  Biblioteche al tempo della pandemia”,  [Vedi qui] anche perché si tratta davvero di un problema, per così dire, all’ordine del giorno…
Proprio in questi mesi ,infatti, ci sono state a Ferrara diverse e importanti  manifestazioni  di tanti cittadini e cittadine nei diversi territori decentrati della nostra città, in occasione delle forti restrizioni di servizio o addirittura  ‘simil-chiusure’ delle biblioteche di quartiere, per difendere non solo il valore culturale di quello che si ritiene un bene pubblico, ma anche un vero e proprio patrimonio di esperienze e di attività socio culturali, educative e pedagogiche, che appartengono alla storia di tante persone e che per decenni hanno rappresentato un vero punto di riferimento della vita sociale del  territorio.

Il caso di Pistoia, che ritrovo citato nell’articolo di Francesco Monini, rappresenta davvero il valore che noi intendiamo quando parliamo di biblioteche e che vorremmo continuare ad offrire alla città: un esempio ci viene dalla direttrice delle Biblioteche e Archivi della città di Pistoia, Maria Stella Rasetti,  quando richiama un principio fondamentale nella gestione di questo bene pubblico, perché identifica la funzione della  biblioteca, come “Cittadella della democrazia”, ad un modo di stare insieme che crea comunità nella condivisione della conversazione, dello scambio di  informazioni, parole, idee e pensieri. Davvero un alto segno di cultura sociale e politica della condivisione di un bene! Ho avuto modo di vedere e seguire direttamente anche i servizi educativi rivolti a bambini e famiglie di Pistoia, che sono in rete col territorio come le biblioteche e verificare quanto siano valorizzate e davvero importanti per la vita della  città.

Se devo dire la verità, mi commuove  il fatto che altrove si continui a pensare, e si stia lavorando in rete, per mantenere un importante e composito modello di formazione socioculturale della comunità anche attraverso  la presenza delle biblioteche territoriali. Un modello che passa senza dubbio attraverso il lavoro dei bibliotecari, che gestiscono professionalmente tante attività insieme a tanti volontari. In questi luoghi ci si incontra e si costruiscono delle relazioni, bambini e adolescenti possono avvicinarsi a quel fascino che sta dentro le parole di un libro narrato, drammatizzato, che poi va letto con curiosità, o sulle riflessioni che tanti adulti anche anziani, possono ritrovare, facendosi  consigliare o scambiandosi esperienze e memorie lontane. L’avvicinamento alla lettura, all’arte, all’ascolto va fatta anche con l’utilizzo di strumentazione multimediale, così come la presentazione di spettacoli, o altri tipi di manifestazioni, sempre con la collaborazione delle scuole, delle Istituzioni e del territorio per “mantenere forti i legami”.

Anche nella nostra città c’è tutta una storia di esperienze analoghe, che hanno creato una bella rete nei diversi territori, perché, quasi sempre, le biblioteche decentrate hanno rappresentato quasi gli unici punti di riferimento per la vita della comunità.
Da un po’ di tempo però a Ferrara abbiamo assistito ad una forte riduzione dei servizi offerti dalle biblioteche, per la mancata sostituzione del personale che è andato in pensione; l’unico provvedimento del Comune essenzialmente è stato quello della restrizione dei tempi di apertura  al limite della reale possibilità per gli utenti di fruire del servizio per mesi interi, con la conseguente impossibilità di costrure una seria programmazione delle diverse attività rivolte alle scuole, alle famiglie, all’intera cittadinanza.

Ora poi, con le restrizioni dovute alla pandemia, che hanno condotto ad una chiusura completa dei servizi le persone sono davvero disorientate. E’ vero che esistono disposizioni ministeriali e regionali, ma è preoccupante che ciò avvenga senza che vi sia stata alcuna proposta alternativa che tenesse conto del profondo disagio che si sarebbe creato per  la comunità, soprattutto per un servizio culturale essenziale come quello di una possibile lettura indicata dall’amico bibliotecario in un momento di isolamento pressochè completo. Sappiamo che in tante altre realtà c’è, per esempio, la possibilità di prenotare libri e di avere la consegna a domicilio, o che le scuole dell’infanzia, e non solo, possono a gruppi ancora operare in biblioteca, fare esperienze attive.

Nel nostro territorio fortissime sono state le limitazioni di questi mesi; penso in particolare alla storica Biblioteca Rodari, sita nel popoloso quartiere di Via Bologna, rispetto alla quale l’Amministrazione Comunale ha provveduto già molti mesi fa a deliberare un piano, senza minimamente preoccuparsi di consultare i cittadini, né tantomeno di approfondirne l’organizzazione in occasione della situazione pandemica. Ciò che sconcerta la gente è il fatto di non venire coinvolta, di non contare come comunità e la lettura che se ne fa è quella di una profonda noncuranza della vita di cittadini da parte  dell’Amministrazione. Un segno molto diverso sarebbe stato probabilmente quello di essere coinvolti nelle decisioni rispetto ad un servizio loro offerto da decenni, almeno per conoscere e poter discutere eventuali ulteriori soluzioni, che si badi, anche altre città hanno adottato.

Il fatto di “mantenere legami” anche attraverso le biblioteche, in situazioni come quelle che stiamo vivendo, ha infatti un significato profondo, perché l’assenza di ascolto, il poco spazio alla parola dei bambini e dei ragazzi, in particolare, provoca distanza emotiva, isolamento.
Ritengo che la responsabilità educativa abbia radici in una realtà politica e sociale che accoglie su di sé soprattutto la difesa dei diritti di tutti i minori, sostituendo alla “grammatica dei bisogni”, che riconduce chi amministra all’unica voce dei costi dei servizi, anche la “grammatica dei diritti”, come ci ricorda la Convenzione Internazionale dei diritti dell’infanzia celebrata proprio in questi giorni.

Il valore culturale e politico di molte scelte coraggiose fatte dai Comuni che hanno attivato comunque servizi di “vicinanza” anche attraverso le biblioteche, ha significato in fondo misurarsi con la realtà che ci circonda, porre attenzione a prevenire nuove povertà e nuove disuguaglianze, continuando ad aiutare soprattutto i minori, a ricercare il significato di ciò che sta accadendo.
Credo quindi che l’Amministrazione dovrebbe tener conto che le biblioteche non sono un’appendice opzionale di un servizio da gestire solo sul piano gestionale e contabile, ma rappresentano una delle possibili sfide alla mediocrità e ai disvalori di questo tempo, che ha già dimostrato, purtroppo di offrire incertezza e isolamento socio culturale.

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Loredana Bondi



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