Parole a capo
Patrizia Benetti: “A mio padre” e altre poesie
Tempo di lettura: 2 minuti
“La poesia non è un modo di liberare l’emozione, ma una fuga dall’emozione; non è un’espressione della propria personalità, ma una fuga dalla personalità. Ma, naturalmente, solo coloro che hanno personalità ed emozioni sanno cosa significa voler fuggire da queste cose.”
(Thomas Stearns Eliot)
Si sta a maggio…
Si sta a maggio
come rondini smarrite
come boccioli infranti
col miraggio dell’estate
tra le mani
Le fate ignoranti
Le fate ignoranti
tessono mattine grigie
piccole api laboriose
a cercare verità
nettare e miele
scampoli di cielo.
A mio padre
Mi portavi al bar la domenica mattina.
Io bevevo il crodino e mi sentivo grande.
Frizzava forte nel naso e nella gola.
“Eccolo qui il mio capitale senza valore”,
dicevi scompigliandomi i capelli.
E io ti sorridevo felice.
Dicono che ti assomiglio.
Sì, sono io la figlia di Toni.
Vecchio
Vecchio
la mano appoggiata
al mento
a coprire il volto.
Occhi intensi
di chi ha vissuto.
Vecchio
vede e tace.
Mani grandi e ruvide
contempla la natura
sua amica.
Osserva questo
mondo nuovo
con distacco.
Non gli appartiene.
Nemmeno lo capisce.
Vecchio
trova conforto
nei gesti quotidiani.
Coltiva l’orto
parla coi gatti
sbriciola il pane
per i passerotti.
Vecchio
osserva il sole
che tramonta
negli occhi
una melodia
struggente.
Patrizia Benetti
Ferrarese, educatrice professionale, classe 1961. Nel 2012 ha pubblicato: Racconti Neri, Este Edition, classificatosi secondo al Premio Nazionale di narrativa Oubliette. Altri titoli: La vendicatrice, Il direttore d’orchestra, La danza dei delfini, La Sirena edizioni. Lontano dagli occhi (romanzo), Mezzelane editrice, 2019. Amore smemorato, Delos Digital, 2020.
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