Quindici votazioni nulle. Da giugno alla Corte costituzionale mancano due giudici. Ma il Parlamento non è in grado di nominare i sostituti che consentirebbero di riprendere l’attività della Consulta. L’elezione si trascina e ha assunto i toni della farsa. Unici candidati restano Luciano Violante voluto dal Pd e Donato Bruno di Forza Italia, su cui gravano ombre di un’inchiesta giudiziaria che lo rende indigeribile a molti. Più che proposti, i loro nomi sono imposti: i partiti giocano al braccio di ferro e non arretrano.
L’arzillo vecchietto che sta al Quirinale, solitamente ciarliero, in questa circostanza si è limitato a un ammonimento per denunciare “la gravità” della situazione, un paio di settimane fa. Renzi fa spallucce e dice che è affare di cui lui non si impiccia, perché (in questo caso) rispetta le prerogative del Parlamento. Una situazione così grottesca ci riporta al maggio del 1992, ai tempi dell’elezione del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, avvenuta al sedicesimo scrutinio, dopo che l’Assemblea per 15 volte aveva votato senza esito. Allora ci volle la strage di Capaci per dare una scossa a partiti, deputati e senatori e forzarli a farsi carico delle loro responsabilità istituzionali. Questa volta cosa dovrà capitare?
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Sergio Gessi
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