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di Adelmo Rossini

Visto che la sinistra di casa nostra si atteggia, come prima della classe, a sostenitrice di chiunque lotta – giustamente – contro le discriminazioni in campo sessuale, mi piacerebbe che -prima di accusare gli altri di tiepidezza, di scarso entusiasmo o di peggio – facesse una sana autocritica partendo dal passato.

Nel libro “Storia dell’omofobia”, pubblicato nel 2011 da Odoya, e scritto da Paolo Pedote, con prefazione di Gian Antonio Stella, si parla ad esempio del mitico “Che” Guevara, il cui ritratto campeggia in numerosi circoli e in abitazioni private di noti “sinistri” ferraresi.
Ebbene, il mitico “Che” fu autore o co-autore del “piano generale del carcere”, del 1959, nel quale il “comandante” disponeva arresti per attori, ballerini e artisti gay. Il “Che” disponeva inoltre della possibilità di graziare o condannare
senza processo, fissare le punizioni corporali e le torture, fra cui tagliare l’erba con i denti (sic!) ed essere impiegati nudi nei lavori agricoli.
Nell’URSS l’omosessualità fu considerata una “controrivoluzionaria manifestazione della decadenza della borghesia”, tanto che nella Grande enciclopedia sovietica del 1952 si può leggere quanto segue :
«L’origine dell’omosessualismo è collegata alle circostanze sociali quotidiane; per la stragrande maggioranza della gente che si dedica all’omosessualismo, tali perversioni si arrestano non appena la persona si trovi in un ambiente sociale favorevole […]. Nella società sovietica con i suoi costumi sani, l’omosessualismo è visto come una perversione sessuale ed è considerato vergognoso e criminale. La legislazione penale sovietica considera l’omosessualismo punibile, con l’eccezione di quei casi in cui lo stesso sia manifestazione di profondo disordine psichico».
Ben noto è il caso di Pier Paolo Pasolini, ritenuto indegno di appartenere al PCI per il suo orientamento sessuale. Nello stesso periodo (maggio 1950),
pochi mesi dopo l’espulsione di Pasolini, su Rinascita, la rivista ufficiale del partito, il leader Palmiro Togliatti, firmandosi con lo pseudonimo Roderigo di Castiglia, se l’era presa con le posizioni antisovietiche dello scrittore francese André Gide, consigliando a quest’ultimo, piuttosto, di «occuparsi di pederastia, dov’è specialista». E “il migliore” aveva pure scritto un articolo contro Pietro Secchia significativamente intitolato “La secchia bucata”.
In conclusione, prima di fare le pulci agli altri è meglio che la sinistra faccia pulizia in casa propria. E’ troppo comodo guardare in casa altrui e giudicare da soloni mettendo sotto il tappeto l’immondizia di casa propria.

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