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Rubrica a cura di Fabio Mangolini e Francesco Monini

“La bellezza salverà il mondo”: non passa giorno senza che l’ambigua profezia del principe Myskin di Dostoevskij non venga citata, fraintesa, proclamata, utilizzata per sostenere questa o quella tesi estetica o politica. Cosa sia, di che materiale sia fatta la bellezza, è naturalmente discorso aperto e tuttora conteso. Rileggere il Simposio di Platone, e ascoltare di nuovo “il Discorso di Diotima di Mantinea sull’Eros”, ci permette di andare alle origini di quella cultura occidentale di cui tutti siamo figli e nipoti. La lettura è affidata a una delle figure di spicco del Teatro Sociale italiano. Michalis Traitsis, di Salonicco ma in Italia da alcuni decenni, è pedagogo, drammaturgo, regista, fondatore di Balamos Teatro e animatore del Centro Teatro Universitario (CTU) di Ferrara.
(I Curatori)

Platone, Il Discorso di Diotima sull’Eros (IV Secolo a.c.) – letto da Michalis Tratsis

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Discorso di Diotima di Mantinea sull’Eros

Parlerò dunque, non mancherò certo di buona volontà. Chi procede rettamente verso l’Eros, bisogna che cominci, sin da giovane, a dirigersi verso i corpi belli, e che anzitutto, se chi gli fa da guida è una buona guida, egli ami un corpo solo, e in esso generi discorsi belli, e che in seguito, egli comprenda che la bellezza presente in un corpo qualsiasi è sorella della bellezza presente in un altro corpo, e che, se occorre inseguire ciò che è bello nella figura, sarebbe una grande follia non ritenere una sola e identica la bellezza presente in tutti i corpi. E considerando ciò, egli deve diventare amante di tutti i corpi belli, ed allentare invece quell’amore eccessivo per un corpo solo. La bellezza che sta nelle anime egli dovrà tenerla in maggior pregio di quella che sta nel corpo: di conseguenza, quand’anche uno, leggiadro nell’anima, abbia un misero fiore di giovinezza, egli si contenderà e lo amerà e si interesserà di lui, e partorirà e ricercherà discorsi tali, che rendano migliori i giovani, al fine di venir costretto poi a contemplare ciò che nelle maniere di vita e nelle leggi è bello.

E bisogna guidarlo verso le conoscenze, e affinché, con lo sguardo diretto alla sfera del bello, e senza più mostrare affezione, come uno schiavo, per la bellezza presente in un solo oggetto, quella di un fanciullo o di un certo uomo o di una sola maniera di vivere, cessi dalla bassezza e dalla meschinità del servire, e piuttosto, rivolto verso l’ampio mare del bello e contemplandolo, partorisca molti discorsi, belli e magnifici, e pensieri, in un amore per la sapienza, sinché, essendosi rafforzato ed avendo accresciuto il suo potere, percepirà ad un certo momento una conoscenza, una sola, tale da riferirsi al bello.

Chi invero sia stato condotto per mano sino a questo punto delle dottrine d’amore, contemplando gli oggetti belli secondo un ordine e nel modo giusto, costui ormai, giunto alla fine della disciplina amorosa, scorgerà in un istante un qualcosa di bello, ammirabile nella sua natura.

Un qualcosa anzitutto, che sempre è, e non nasce né perisce, non si accresce né vien meno, e in seguito, che non è in parte bello e in parte brutto, né a volte bello e a volte no, né bello rispetto e una cosa e brutto rispetto a un’altra, né bello in un certo luogo e brutto in un altro, in quanto sia bello per alcuni e brutto per altri. E il bello neppure si renderà visibile a lui come un volto, o dalle mani, o qualcos’altro di ciò cui partecipa il corpo, né apparirà come un discorso o una conoscenza, e neanche come esistente in qualche luogo, in un oggetto differente, ad esempio in un essere vivente oppure sulla terra o nel cielo o in qualcos’altro: si manifesterà, piuttosto, esso stesso, per se stesso, con se stesso, semplice ed eterno.

Proprio in questo consiste la via giusta per procedere verso la disciplina amorosa, o esservi condotto da un altro: cominciando dalle cose belle di questo mondo, innalzarsi sempre mediante l’aiuto, per cosi dire, di scalini, da uno solo a due, e da due a tutti i corpi belli, e dai corpi belli alle maniere belle di vita, e dalle maniere belle di vita agli apprendimenti belli, e dagli apprendimenti belli innalzarsi e finire in quel apprendimento, che non di altro è apprendimento se non di quel bello in se stesso.

Che pensare allora, se a qualcuno riuscisse di vedere il bello in se stesso, puro, senza macchia, non mescolato, e costui fosse in grado di scorgerlo, non già aggravato da carni umane e da colori e da molte altre follie mortali, ma in se stesso, il bello divino, nella sua semplicità?Credi forse che risulterebbe di poco conto la vita di un uomo, che guardasse a quel mondo, e contemplasse quell’oggetto mediante ciò che occorre, e vivesse congiunto con esso?
Non consideri piuttosto, che là, in quel solo luogo, a costui, il quale vede il bello con ciò mediante cui è visibile, accadrà di partorire, non già fantasmi di eccellenza, bensì l’eccellenza vera?
E che inoltre a chi partorisce e si alleva l’eccellenza vera, spetta diventare caro agli Dèi?

Quanto a me, affermo che ogni uomo deve onorare Eros, e io stesso onoro la disciplina d’amore e in essa specialmente mi esercito, e agli altri la raccomando, e ora e sempre faccio l’elogio della potenza e della virilità di Eros.
Questo discorso allora, ritenetelo detto se volete come un elogio dedicato ad Eros.

Platone, ll Discorso di Diotima di Mantinea sull’Eros, tratto da: Il Simposio, IV Secolo a.c.

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Cover: elaborazione grafica di Carlo Tassi

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Redazione di Periscopio



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