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Si riconosce ormai a livello generale l’importanza del tema economico per quanto attiene i servizi ambientali e in particolare in relazione al ciclo dell’acqua e dei rifiuti. Il concetto economico di copertura dei costi richiama l’esigenza di una programmazione industriale basata sullo sviluppo degli investimenti, ma anche sulla attenzione alla crescita dei costi sociali e dei costi ambientali indotti. Oggi esiste una pericolosa proporzionalità tra reddito e consumi (anche di acqua e produzione dei rifiuti) che mal si concilia con uno sviluppo controllato dei prezzi e una crescente sensibilizzazione sui servizi erogati; serve su questo tema un passaggio culturale forte.

L’analisi delle tariffe applicate e dei costi, che i cittadini devono sostenere per questi servizi, sono un elemento crescente di criticità soprattutto per quei nuclei familiari della fascia meno agiata ed in alcuni casi al limite del livello di povertà; per tali nuclei spesso accade che la crescita dei costi dei servizi non è compensata dalla crescita del reddito e dunque aumenta il disagio sociale su servizi essenziali. L’impegno sulla efficacia ed efficienza dei servizi con particolare riguardo all’applicazione delle tariffe e alla tutela degli utenti e dei consumatori deve quindi essere una funzione prioritaria. Ripropongo dunque temi trattati un paio di anni fa nel Report Sociale scritto per la regione.

In questo contesto il tema della tariffa sociale nei servizi pubblici sta diventando una esigenza e una priorità; dove infatti vengono forniti servizi essenziali per la vita dei cittadini e devono dunque essere assicurati a tutte le famiglie sorge l’esigenza di salvaguardare quelle economicamente disagiate. Facendo una generale valutazione della spesa di una famiglia media italiana (indicativamente 23 milioni di famiglie con una spesa media annua per famiglia di circa 35 mila euro) e analizzando il paniere dei prodotti e servizi emerge che l’incidenza dei servizi ambientali sulla spesa totale ha ormai superato il 2% del totale e in particolare si basa su questi valori di stima generali: rifiuti 0,6% ; acqua 0,5% ; gas 3 % ( con una stima di spesa media annua per acqua di 190 euro e per rifiuti di 230 euro). Con una spesa in generale stimata procapite di 30 – 70 euro anno per l’acqua e di 70 -130 euro anno per i rifiuti con un totale 100 – 200 euro anno e che in generale sulla stima del livello di povertà possa superare l’8%, diventando dunque un onere critico per un livello di vita sostenibile.
Si possono, anzi si devono, allora introdurre sistemi di valorizzazione dei comportamenti dei cittadini ed anche metodiche di supporto sociale attuate tramite specifici atti di regolamentazione auspicabili in sistemi condivisi a livello di ambiti territoriali omogenei.
Il welfare state italiano destina risorse molto scarse a tutela di alcuni importanti rischi sociali, in particolare i carichi familiari e la disoccupazione. Non potendo, per ovvie ragioni, intervenire a livello di riforma complessiva del welfare state nazionale, in Emilia-Romagna in passato si decise di dare avvio all’implementazione di un sistema di tariffazione sociale sui servizi pubblici locali.
Per definizione la politica sociale comprende tutte le disposizioni e le misure volte a risolvere o alleviare situazioni di bisogno e problemi sociali (a livello individuale e collettivo) o a favorire il benessere dei gruppi più fragili della società. Individua quindi le misure che servono a combattere direttamente la povertà o a prevenirla. Tra gli strumenti utilizzati, troviamo anche le agevolazioni o contributi per l’utilizzo dei principali servizi pubblici. Con il Dpgr 49/2006, integrato dal successivo Dpgr 274/2007 e da una specifica direttiva di accompagnamento, fu introdotta in Emilia-Romagna la tariffa sociale dei servizi idrici. Era uno specifico impegno assunto con le organizzazioni sindacali ben dieci anni fa. Questa prima applicazione, che si concentrava sui servizi idrici approfittando del metodo tariffario regionale di settore, doveva anche servire come elemento di sperimentazione e messa a punto di una tariffazione sociale che sia applicabile a tutte le tariffe dei servizi pubblici locali.
Il servizio idrico integrato costituisce infatti, al pari dei servizi di fornitura elettrica, gas metano, di gestione dei rifiuti urbani e dei trasporti pubblici, un servizio pubblico essenziale per la vita dei cittadini. Così con il metodo tariffario regionale è stata introdotta, in modo sistematico per la prima volta in Italia, la tariffazione sociale nei servizi idrici.
La tariffa sociale si concentra sul sostegno da garantire ai nuclei molto deboli, ai quali viene assicurata, con un costo limitato, l’erogazione della quantità di servizio necessaria. Gli oneri di tale tariffazione sociale sono ripartiti tra tutti i soggetti che costituiscono l’intero sistema, realizzando quindi un concreto approccio solidaristico. Lo strumento adottato per l’individuazione dei soggetti in condizione socio-economica disagiata è l’Isee che ben si presta allo scopo e che ha l’innegabile pregio di essere già lo strumento principe impiegato per l’erogazione di agevolazioni, in particolare in materia di servizi sociali.
La tariffa sociale dei servizi idrici fu considerato infatti uno strumento idoneo a supportare le fasce di utenza in condizioni di disagio e dunque l’impostazione di una tariffazione sociale nei servizi idrici per migliorare l’equità complessiva del sistema.
Il principio ispiratore è stata l’accessibilità del bene acqua a prescindere dalla condizione socio-economica degli utenti ed i riferimenti di base sono la definizione di una soglia regionale (basata sull’Isee) e l’omogeneità applicativa all’interno di un territorio provinciale.

La tariffa sociale è stata applicata come un contributo di pari importo praticato in relazione ad una scala parametrica associata ad una determinata soglia Isee(Indicatore Situazione Economica Equivalente). Tale indicatore, appariva indubbiamente come lo strumento più idoneo sia per intervenire a favore delle fasce di utenza in condizioni di disagio economico-sociale, sia come elemento che concorre a migliorare l’equità complessiva del sistema.
Infatti, la direttiva regionale prevedeva un’unica soglia Isee uguale per tutta la Regione, pari a 2.500 euro, in corrispondenza delle situazioni di massimo disagio economico-sociale, e un range entro il quale ciascuna Agenzia d’Ambito Territoriale Ottimale (che ora non c’è più avendo delegato tutto a livello generale all’Atersir) poteva fissare il valore territorialmente più adatto per una seconda fascia corrispondente a situazioni di disagio non estremo. Tale seconda soglia poteva essere individuata tra cinque e diecimila euro.

Lo schema procedurale in sintesi era il seguente: l’Agenzia d’Ambito definiva la percentuale massima, di norma pari o inferiore all’1%, di incremento tariffario ammissibile per finanziare i contributi a favore delle situazioni di disagio dell’intero ambito territoriale ottimale. L’utente in possesso dei requisiti necessari, per aver accesso al contributo presentava apposita richiesta al Comune di residenza. L’erogazione del contributo poteva avvenire con due modalità, o direttamente in bolletta o attraverso il Comune (in tal caso il Gestore versa direttamente al Comune quanto di spettanza). In quest’ultimo caso può essere applicato automaticamente il contributo agli utenti aventi diritto in base a domande Isee già presentate per agevolazioni per altri servizi comunali. Il diritto all’agevolazione poteva decadere nel caso di utente non virtuoso, ossia che consuma molta acqua (come consumo eccessivo di riferimento è stato assunto un valore superiore ai 200 l/ab/g).

Al fine di rendere più efficace l’intera procedura, ovvero di garantire al tempo stesso una buona copertura delle situazioni in condizione di disagio economico e la definizione di un contributo che non avesse valore simbolico, ma che incidesse concretamente sui bilanci famigliari, agli utenti appartenenti alla prima classe (con Isee da 0 a 2500) definiti “utenti in condizioni estremamente disagiate” spettava un contributo pari al 60% del fondo derivante dall’applicazione della quota aggiuntiva, da suddividere tra le utenze che ne hanno diritto in base ai più recenti dati disponibili. Mentre gli utenti appartenenti alla seconda classe spettava un contributo pari al 40%.

Dopo le spinte iniziali, la mia impressione è che si stia andando avanti con troppa lentezza, anzi troppo piano, quasi fermi. In verità Atersir ha prodotto un regolamento e fissa il termine per la presentazione delle domande per le agevolazioni tariffarie relative all’annualità 2013 e 2014 posticipandola al 30 novembre 2014. Dunque ci stanno lavorando. Se ne sta parlando tra autorità nazionale, regolatori regionali, gestori multiservizi e associazioni di consumatori, ma non mi pare sia avvertita come una priorità. Anzi credo che l’analisi economica sia spesso disattesa. Più che i costi sembra interessino le tariffe, ovvero i ricavi. La storia si ripete, purtroppo. La stessa tassa sui rifiuti ha dimenticato i sistemi tariffari ed è un brutto segnale rispetto alla strada della trasparenza.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

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