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Da: Organizzatori

Le plastiche sono ovunque, non solo perché possono raggiungere i mari trasportati dai fiumi inquinati, o risalire la catena alimentare, ma anche perché possono viaggiare nell’aria, percorrendo chilometri. Finendo per sporcare anche luoghi incontaminati, lontani dai centri industriali o densamente popolati.
La plastica rappresenta la quasi totalità (60-95%) dei rifiuti rinvenuti nei mari del mondo e il principale rifiuto rinvenuto sulle spiagge e sui sedimenti marini. L’80% di tutta questa plastica proviene da fonti terresti ed il 20% da fonti marine (come pesca, acquacoltura e trasporto navale).
Il bacino del Mediterraneo, con il 30% del traffico mondiale, un turismo molto sviluppato ed una popolazione costiera che supera i 300 milioni di abitanti, è una delle zone al mondo più colpite dal problema dei rifiuti marini: la densità delle microplastiche galleggianti può raggiungere 60 milioni di particelle al chilometro quadrato, per un totale di circa 250 miliardi di particelle galleggianti. In questo mare la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti rinvenuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge. Ogni anno tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e le 130 mila tonnellate di microplastiche finiscono nei mari d’Europa: il Mar Mediterraneo è il principale serbatoio.

Secondo l’Unep (United Nations Environment Programme) circa l’80% della plastica che si trova nei mari è il risultato di una scarsa o insufficiente gestione dei rifiuti a terra, dovuta in particolare ad una limitata capacità di riusare e/o riciclare i materiali plastici.
L’Unep individua tra le principali cause:
le discariche illegali di rifiuti domestici e industriali e quelle legali mal gestite;
lo scarso trattamento delle acque reflue e gli sversamenti di acque reflue;
le cattive abitudini da parte delle persone che utilizzano le spiagge a fini ricreativi o per pesca sportiva;
l’attività industriale, in particolare le industrie con processi che coinvolgono materiali plastici;
i trasporti;
le attività legate alla pesca;
i contenitori per i rifiuti non adeguatamente coperti e le strutture per il contenimento dei rifiuti non chiuse ermeticamente;
i rifiuti abbandonati al suolo che gli agenti atmosferici (pioggia o neve o vento) trasportano nei corsi d’acqua.

La presenza dei rifiuti in mare costituisce una grave minaccia per l’ecosistema marino poiché alcune specie di elevato valore conservazionistico, attirate dai materiali e frammenti, possono ingerirli ma ciò rappresenta anche un pericolo per l’uomo poiché entrano nella catena alimentare. L’impatto che ne può derivare viene generalmente diviso in tre categorie principali:
Impatto ecologico – con effetti letali o sub letali su piante e animali mediante intrappolamento, danni fisici e ingestione, accumulo di sostanze chimiche attraverso le plastiche e facilitazione della dispersione di specie aliene mediante trasporto.
Impatto economico – riduzione del turismo, danni meccanici alle imbarcazioni ed alle attrezzature da pesca, riduzione del pescato e costi di bonifica.
Impatto sociale – riduzione del valore estetico e dell’uso pubblico dell’ambiente.

Le plastiche, inoltre, attraggono gli inquinanti organici dispersi nell’acqua, che possono portare al loro bio-accumulo e trasportarli al vertice della catena alimentare, anche se la portata di questo fenomeno è ancora da indagare. In particolare le microplastiche, che sono sempre più presenti negli ecosistemi marini e terrestri, costituiscono un inquinamento di difficile quantificazione e impossibile da rimuovere totalmente. Attraverso la catena alimentare, la plastica può così arrivare direttamente nel nostro cibo. Le microplastiche sono state trovate negli alimenti e nelle bevande, compresi birra, miele e acqua del rubinetto. Per cui, non c’è nulla di cui stupirsi se di recente sono state trovate particelle di plastica anche nelle feci umane.

NET4Mplastic Project
Come si disperdono, dove si accumulano e qual è la loro composizione? Sono alcune delle domande a cui vuole rispondere il progetto NET4mPLASTIC che ha durata di 30 mesi ed è cofinanziato per 2.106.844 euro dal Fondo Europeo Interreg Italia-Croazia.
NET4mPLASTIC, coordinato dall’Università di Ferrara, aggrega importanti competenze trasversali ed internazionali che fanno capo ad enti ed istituzioni italiane (Università di Ferrara e Trieste, Regione Marche, Istituto di Sanità Pubblica Veterinaria di Abruzzo e Molise) e croate (Istituto Didattico per la Sanità Pubblica e Istituzione Pubblica per il Coordinamento e Sviluppo del Distretto di Spalato Dalmazia) oltre a due aziende private (Hydra Solutions e Prosoft).

In particolare – spiega il prof. Simeoni del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra – verranno raccolti dati sulla distribuzione, provenienza e caratterizzazione delle macro e microplastiche presenti nel mare, nei sedimenti e nei molluschi, monitorando tratti costieri italiani e croati. Ciò consentirà di migliorare le conoscenze dell’impatto sull’ambiente e sulla salute umana. Inoltre NET4mPLASTIC mira a sviluppare sistemi di allerta sulla presenza di macro e microplastica nel mare, droni marini ed aerei per il monitoraggio di questi rifiuti, ed a fornire indicazioni per la rimozione e riciclaggio delle plastiche.

Nell’ambito del progetto sono stati identificati dei siti pilota, per l’Emilia-Romagna l’area della Sacca di Goro, dove verranno svolte attività di rilievo per valutare i livelli di plastica presenti nell’acqua di mare, nei sedimenti e nei molluschi.
In particolare, nella giornata di giovedì 5/12/2019 è stata svolta un’attività dimostrativa durante la quale sono stati effettuati campionamenti di molluschi nell’area di Goro e di sedimenti sui fondali e lungo la spiaggia. I campioni raccolti verranno analizzati per valutare la presenza di microplastiche sia nel biota che nei sedimenti.

L’attività è stata svolta insieme alle Università di Ferrara e Trieste, all’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale “G. Caporale” dell’Abruzzo e del Molise e all’ Istituto Didattico per la Sanità Pubblica di Fiume (Croazia).
L’azione dimostrativa ha utilizzato due imbarcazioni (Kimba e Corona), ha goduto del supporto della Cooperativa di Pescatori di Goro (CO.PE.GO.) e della collaborazione del Vicepresidente regionale della Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna Vadis Paesanti.

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