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Da sempre la città è il luogo dei pensieri. Perché la città è vicinanza, è prossimità, e i pensieri per nascere ed essere condivisi di questo hanno necessità. La nascita delle università nei centri urbani questo prometteva e questo ha permesso.
La grandezza di una città è sempre venuta dalla cultura e dall’intelligenza della sua gente. Era così ai tempi della Firenze di Brunelleschi, Donatello e Masaccio, come per la Ferrara di Francesco del Cossa, Cosmè Tura e Ercole de Roberti.
Così è ancora oggi, con l’innovazione tecnologica che ha accresciuto i benefici di un sapere migliore se prodotto da persone che stanno in prossimità di altre persone.
Ci sono città come Detroit, come Chicago e come altre ancora nel mondo che nell’era post-industriale non potevano più essere quelle di prima e si sono reinventate. Per questo le città hanno bisogno di pensieri.
La forza che si ricava dalla collaborazione tra gli individui è la principale ragione per cui esistono le città.
A salvarci non potrà che essere la qualità delle persone, in particolare la qualità del capitale umano. A crescere il capitale umano sono le città, ma bisogna che se ne occupino.
Occorre convincersi che la conoscenza diffusa è il primo ingrediente di cui abbiamo bisogno. E non si tratta solo della conoscenza che si apprende sui banchi di scuola e nelle aule universitarie. Neppure di quella episodicamente attinta ai musei, alle mostre e agli eventi.
La conoscenza che consente di essere se stessi, di migliorarsi, di apprendere a pensare e a capire, a produrre idee ed opinioni, a scegliere e criticare, a sperimentare ed inventare. La conoscenza che è dialogo e confronto, ragionamento e approfondimento, che è anche somma di competenze antiche e nuove da recuperare.
La conoscenza attiva che consente di partecipare della propria contemporaneità, da competenti, senza dover subire i bagni invasivi dell’informazione.
Occorrono politiche della città che stimolino il pensare e favoriscano ogni occasione di circolazione del sapere. Che diano visibilità attraverso l’informazione, col metterle in rete, a tutte le opportunità di apprendimento che la città offre, evitando che si disperdano nell’aria come monadi in esilio.
Occorre tenere aperte le scuole sempre, alla sera come nei giorni di festa, affinché divengano luoghi di iniziative di apprendimento continuo, di opportunità per tutta la popolazione per recuperare e accrescere i propri saperi, ma anche luoghi di convivialità e di familiarizzazione. Bisogna dare vitalità, progettualità, forza propositiva al Centro provinciale per l’istruzione degli adulti, evitando che si trasformi in un ghetto di recuperi e integrazioni, ma divenga un luogo famigliare per tutti e per tutti i bisogni formativi, un luogo di offerte e di orientamento, un luogo di iniziative diffuse con cui contaminare la città.
Fare della cura dei saperi e degli apprendimenti della popolazione dai più piccoli ai più grandi uno degli impegni centrali dell’amministrazione comunale, una festa cittadina, perché il diritto al sapere è un diritto universale che non si interrompe mai, che accompagna tutta la vita, per questo, appunto, si chiama educazione permanente.
È la rete delle “città che apprendono”, il “Global network”, la rete internazionale delle “Learning cities” che dal 2015 l’Unesco ha promosso, tesa a valorizzare le esperienze di formazione diffusa e continua, anche attraverso l’uso delle moderne tecnologie, nelle città. Il ‘Learning City Award’ è il riconoscimento dell’Unesco che incoraggia e premia i progressi compiuti dalle “città che apprendono” in tutto il mondo.
Sono 205 le città che aderiscono alla rete mondiale promossa dall’Unesco. L’Italia non c’è, fatta eccezione per Torino e Fermo. Non a caso l’analfabetismo funzionale colpisce il settanta per cento della nostra popolazione adulta.
Sono anni che da queste pagine chiediamo che la nostra città, città del Rinascimento, per questo patrimonio dell’Unesco, aderisca alla rete globale delle “città che apprendono” e che l’amministrazione cittadina ne faccia propri gli impegni. Chiunque apre le pagine web del nostro giornale s’imbatte nel manifesto ‘Ferrara Città della Conoscenza‘.
Eppure la distrazione, o l’impreparazione, di chi ci governa e di chi si candida a governarci continua ad essere preoccupante, come se tutti fossero presenti ma assenti. Assente è anche la nostra università, che pure ha aderito alla rete europea delle Unitown, ma non si fa promotrice, a partire dal suo dipartimento di Scienze dell’Educazione e della Formazione, dell’adesione al ‘Global network of learning cities’.
Apprendimento e conoscenza sono le vere sfide che ognuno di noi ha di fronte e, con noi, soprattutto le giovani generazioni. Questo è un impegno che non può essere più sottovalutato e, quindi, mancato.
Pensare che infrastrutture, turismo, imprese vengano prima a prescindere dall’acquisto continuo dei saperi e dalla loro diffusione è una grande illusione e non può che promettere alla città un futuro sempre più povero umanamente ed economicamente.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it