Agrinsieme Ferrara: aumento dell’Iva un brutto colpo per i consumi primari
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Da: Ufficio Stampa e Comunicazione Cia Ferrara
Il settore primario, in crisi per i bassi prezzi alla produzione, sarebbe colpito ancora più duramente, così come le fasce di popolazione più deboli
FERRARA, 18 aprile – “Aumentare l’Iva nel 2020 assesterebbe un colpo durissimo al settore agricolo, già fortemente penalizzato nella catena di formazione dei prezzi dei beni di consumo primari. Si tratta di una misura sconsiderata dal punto di vista sia economico che sociale, perché colpirebbe indistintamente ogni fascia della popolazione, anche quelle più deboli”. Commenta così Stefano Calderoni – coordinatore di Agrinsieme Ferrara, il paventato aumento dell’Iva dopo le dichiarazioni del ministro dell’Economia, Giovanni Tria.
L’ipotesi, attualmente non inserita nel Def ma non completamente scongiurata, è quella di passare dal 10 al 13% per l’aliquota che riguarda molti beni di consumo primari come carne, pesce, ma anche energia elettrica e gas per uso domestico e dal 22 al 25% per aliquota su beni comunque essenziali come abbigliamento, prodotti per la casa ed elettrodomestici. Parliamo dell’aliquota Iva ordinaria più elevata tra tutti i Paesi dell’area dell’euro.
“Il nostro settore sta attraversando un momento particolarmente delicato – continua Calderoni – perché quasi in tutti i comparti stanno affrontando il problema di prezzi bassi pagati alla produzione, che sta rendendo difficoltoso, in generale, ottenere un reddito soddisfacente. La scarsa remunerazione rende poi quasi impossibile effettuare investimenti per l’innovazione, necessari perché il nostro agroalimentare continui a rimanere un’eccellenza mondiale. Un contesto difficile che non può essere ulteriormente aggravato da un aumento delle aliquote Iva, in particolare quella del 10%. Perché passare dal 10 al 13 significa aumentarla di un terzo e dal punto di vista microeconomico è un incremento considerevole, che porterà a una inevitabile diminuzione dei consumi. Un calo che non sarà del 3%, ma proporzionalmente maggiore a causa del condizionamento psicologico, soprattutto nelle fasce con redditi più bassi. Perché il consumatore avrà, in generale, un minor potere d’acquisto e tenderà a comprare meno anche i prodotti, come quelli ortofrutticoli, che non saranno interessati dall’aumento. Un effetto boomerang che colpirà il primo e ultimo anello delle filiere: chi produce beni di primo consumo, penalizzato da un mercato che tenderà a pagare sempre meno, e naturalmente chi la spesa tutti i giorni e deve fare i conti per arrivare a fine mese”.
“Oltre al danno socio-economico – conclude il coordinatore di Agrinsieme – c’è anche la beffa, perché non solo si deprimerebbe il sistema economico, ma non si farebbe nulla per ridare linfa al nostro sistema produttivo. Le associazioni agricole e le cooperative agroalimentari di Agrinsieme chiedono da sempre misure per favorire la competitività, in particolare la diminuzione del cuneo fiscale e una minor tassazione sulla manodopera. Anche perché finora non arrivano segnali positivi dalle misure economiche espansive. E la risposta del Governo è l’ipotesi dell’aumento dell’Iva, che può solo affossare competitività e rilancio dei consumi. Una soluzione che non possiamo accettare e che speriamo venga accantonata definitivamente, non sia solo rimandata per ragioni elettorali”.
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CIA FERRARA
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