La novità è che la richiesta della tariffa agevolata per il conferimento dei rifiuti va rinnovata ad Hera ogni anno. Nessuno sapeva niente, anche perché all’atto della domanda non l’hai trovato scritto da nessuna parte e ti sei impegnato a comunicare ogni variazione che comportasse il venire meno del tuo diritto.
Così Hera, accorgendosi che nessuno si reca agli sportelli per chiedere il rinnovo, in data 4 marzo invia una lettera ai suoi utenti, tra i quali mia suocera, informandoli di aver prorogato la scadenza delle domande di rinnovo dal 31 gennaio al 31 di marzo.
La lettera fornisce all’utente gli orari degli sportelli a cui rivolgersi, il numero verde da chiamare e l’elenco dei documenti necessari alla richiesta, specificando che è sufficiente presentare la copia di uno solo tra quelli previsti.
La lettera altro non dice. Così quando ti rechi allo sportello di Hera, per rinnovare la tua richiesta, scopri che non hai la delega, modulo di cui ti fornisce diligentemente un solerte operatore addetto alla accoglienza. Considerare che chi necessita di presidi sanitari forse non è autonomo è uno sforzo che evidentemente i nostri tempi non consentono più alle menti umane addette alla comunicazione tra Hera e l’utenza.
Passi. Te ne torni a casa a far firmare la delega a tua suocera più che novantenne e nel frattempo ti sorge il dubbio che la lettera ricevuta oltre a tacere della delega possa aver taciuto anche su altro. Allora decidi di chiamare il numero verde, il quale sostiene che i documenti indicati nella lettera per il rinnovo della richiesta non sono a scelta, sono tutti da presentare, così scopri che l’operatore con cui stai parlando ne sa meno di te.
La prima cosa che mi chiedo è perché il rinnovo della agevolazione non si possa fare on line, tramite una semplice e-mail, allegando la scansione dei documenti richiesti. Si risparmia tempo, denaro, carta e anche mal di fegato.
E qui continuo a restare basito di fronte al persistere nel nostro paese del conflitto tra burocrazia e digitale. Si pretende di rivoluzionare la democrazia trasformandola in diretta attraverso le piattaforme on line, ma una questione di elementare democratizzazione dei servizi e delle utenze come il rinnovo di una richiesta non si riesce a digitalizzare.
Non c’è alternativa. Mi reco, con la mia delega e tutti i documenti necessari, al nuovo sportello Hera di viale Cavour, perché quello di via Diana è decisamente scomodo. Mi viene assegnato un numero. Altre dodici persone vengono prima di me. Fantasticare che avrei potuto fare tutto da casa con l’aiuto del mio computer, non fa che accrescere la mia ‘muffa’. Finalmente sul display, perché, ironia della sorte, le nuove tecnologie non possono mancare, compare il mio numero d’ordine.
L’operatrice di fronte alla quale mi siedo porta un nome che non voglio svelare, significa corona dei martiri, lei certo deve saperlo e non ha alcuna intenzione di essere martirizzata dalle mie domande e dalle osservazioni che nel frattempo ho accumulato, fatte di suggerimenti che vorrei comunicare ad Hera per vedere di migliorare il suo servizio.
Quando all’interlocutrice porgo il certificato dell’Asl attestante che mia suocera soffre di incontinenza stabilizzata, come previsto dalla lettera ricevuta, essa reagisce stizzita, informandomi che lei non è un medico.
Sfido chiunque a essere in grado di mantenere la calma. Per quale mai arcana ragione, io, recandomi allo sportello di Hera, quello di viale Cavour, avrei dovuto aspettarmi di incontrare di là dal tavolo un medico? Cara ragazza cos’è che ti ha fatto scattare una simile reazione? Il certificato dell’Asl è stato galeotto. Quello stesso compreso nell’elenco dei documenti a scelta. Lei ne ammetteva uno solo: la bolla di consegna dei pannoloni. Evidentemente è stata programmata così.
Perché le cose sono peggiorate quando, sebbene un po’ su di giri anch’io, le ho fatto notare che il certificato firmato dal medico dell’Asl dichiara per iscritto che mia suocera è un’incontinente “stabilizzata”. E se è “stabilizzata” che senso ha che Hera pretenda tutti gli anni il rinnovo della richiesta?
L’operatrice, che non ama la corona dei martiri di cui pure porta il nome, mi svela di essere debole nel lessico, non conoscendo il significato della parola “stabilizzata”, e che comunque sono le nuove disposizioni del regolamento comunale, di cui non c’è alcun riferimento nella lettera inviata agli utenti. Ma la nostra amica, carente d’ogni elementare nozione, evidentemente, a conferma delle sue parole, con un colpo di genio mi mostra che nella lettera ricevuta, oltre al logo di Hera, in alto a destra c’è lo stemma del comune di Ferrara, per poi abbandonare stizzita la sua postazione e farsi sostituire da una collega decisamente più abile nel front office.
In realtà mi rendo conto che alla mia interlocutrice allo sportello di viale Cavour devo le mie scuse, perché entrambi siamo vittime della preistoria, che ignora l’era digitale e le promesse del 5G, continuando a umiliarci con i suoi riti di sudditanza e di soggezione, e Hera che noi paghiamo è sua complice.
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Giovanni Fioravanti
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