Quasi nulla è rimasto ormai della pazienza degli antichi, quella pazienza che si mostrava in ogni ambito della vita, perché in realtà espressione di uno stato interiore.
C’era chi aspettava l’occasione della vita per dimostrare le proprie doti, chi aspettava il ritorno del proprio amore dal fronte, chi aspettava veder crescere i frutti della terra con i propri tempi, senza fretta, perché la natura conosce i propri ritmi.
C’erano i bambini che aspettavano l’arrivo del tanto agognato regalo, chi aspettava il momento giusto per dichiararsi e chi aspettava per ore che il sugo si restringesse lentamente sul fuoco. C’erano la moderazione, la tolleranza e la sopportazione.
La pazienza si può insegnare, si dovrebbe insegnare, perché fortifica e rende il terreno del cuore fertile per la crescita di molte altre virtù.
A patto che vi siano ancora dei buoni insegnanti.
“Come può una società, che si fonda su sughi pronti, ricette di torte veloci, cene surgelate e fotocamere istantanee, insegnare la pazienza ai giovani?”
Paul Sweeney
Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…
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Federica Mammina
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