Molti di noi ricorderanno come nel precedente semestre di presidenza europea dell’Italia nel 2003 la mostra celebrativa fu imperniata sulla cultura rinascimentale ferrarese: Une Renaissance singulière si titolava. E su questa singolarità si innesta l’idea di eccentricità sottolineata dalla mostra trentina.
La mia visita alla mostra “Dosso Dossi. Rinascimenti eccentrici” al Castello del Buonconsiglio di Trento si è svolta nel giorno del diluvio tra mille e mille visitatori disperati che dai luoghi di villeggiatura montani scendevano a valle per vedere più che la mostra il luogo che la conteneva il Magno Palazzo di Bernardo Cles dove i due fratelli Dosso e Battista operarono nella decorazione di uno dei più stupefacenti palazzi della nostra storia rinascimentale. La mostra curata da Vincenzo Farinella si riallaccia indissolubilmente con il lavoro e gli anni fruttiferi dell’Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara che decisioni, da me non condivise, hanno ridotto a ufficio comunale dei Musei d’arte antica di Ferrara. Una mostra nata sicuramente nel fervido clima culturale di un Istituto che ha saputo dare, più che alla città, al mondo scientifico internazionale un contributo difficilmente contestabile come appare non solo nello splendido catalogo dove ferraresi doc che si sono formati in quel luogo propongono ricerche di altissima qualità: da Marialucia Menegatti operante all’Università di Padova al ferraresissimo Andrea Marchesi e alla studiosa per eccellenza di quel periodo Alessandra Pattanaro allieva di Alessandro Ballarin autore delle più imponenti ricerche sul pittore e che per auspicio dell’ISR vide pubblicare la sua opera per conto della Cassa e della Fondazione Carife . Il curatore della mostra è Vincenzo Farinella docente dell’Università di Pisa con il quale proficuamente nei decenni si è stabilito un rapporto scientificamente ,e non solo, amicale fatto d’interessi comuni e di lavori in contemporanea, come per l’asse fondamentale Dosso-Ariosto di cui testimoniano molte pubblicazioni quasi tutte sotto la responsabilità scientifica di chi scrive queste note. E se la splendida mostra trentina trova il suo luogo naturale nella città del vescovo Clesio è anche vero che a Trento presso l’Istituto italo-germanico a quei tempi diretto da Paolo Prodi uscirono gli atti di un convegno imperniato sulla figura del grande politico a cui parteciparono l’Europa delle Corti e l’ISR. Come si vede dunque irrinunciabile la presenza scientifica ferrarese testimoniata soprattutto dalla grande mostra ferrarese del 1998 su Dosso che ebbe tre tappe: Metropolitan a New York, Getty Museum a Los Angeles, Ferrara al Castello Estense. Come dunque si evince da questi brevi rimandi questa mostra non sarebbe stata possibile senza la proficua collaborazione con l’ISR. Che resta di tutto questo? E dei rapporti intessuti nel tempo? Poco o nulla se si pensa all’attuale condizione dell’ISR. Eppure, i frutti di una grande stagione culturale operano ancora in modo del tutto indipendente dalle scelte politiche. A settembre infatti uscirà finalmente il libro fondamentale sulla figura di Alfonso I, opus magnum di Vincenzo Farinella che metterà in luce dopo anni di intenso lavoro la figura del duca estense al di là e oltre le incrostazioni leggendarie e o francamente antistoriche sulle quale si era fondata la leggenda nera o fastosa del signore di Ferrara. E a cura dell’Associazione Amici dei Musei e dei Monumenti ferraresi l’opera sarà presentata a Ferrara, presente l’autore, in una speciale occasione ma sicuramente come prima tappa del suo percorso scientifico e degno riconoscimento alla città che ha ospitato e sollecitato quell’opera.
La mostra di Trento si fonde dunque con l’immagine grandiosa del palazzo dove operarono i Dossi, il Romanino e altre figure di primaria importanza di quello scorcio storico nel momento più intrigante dell’oscillazione politico culturale tra Impero e Chiesa. In questo senso la decifrazione figurativa dei dipinti dosseschi posti nei luoghi architettonicamente decorati dallo stesso Dosso e dal fratello Battista appare estremamente convincente. Un dipinto splendido della Galleria Borghese (che presta anche il celebre Apollo) , l’ Allegoria mitologica è essenziale per capire il passaggio dal naturalismo veneto del primo periodo dominato dalla lezione giorgionesca e tizianesca al classicismo romano dove Dosso sa con estrema intelligenza approfittare della lezione di Raffaello ma soprattutto di Michelangelo. Questo passaggio nei luoghi del Magno Palazzo appare splendidamente spiegato in un momento altissimo dove le opere dialogano con l’ambiente e l’architettura. Il merito va anche riferito ad Antonio Natali direttore degli Uffizi di Firenze e al suo progetto La città degli Uffizi .Fili antichi di cultura. Delle opere di Dosso ben quattro provengono dalla Galleria fiorentina e il progetto che porta il nome della “città degli Uffizi” è quello di stringere i rapporti tra opere e territorio. Come ottimamente spiega Natali la collana che porta il nome di “Città degli Uffizi” propone un’idea che è quella di “ offrire un’ immagine del museo che vada oltre quella consolidata di luogo deputato alla migliore conservazione delle opere d’arte per andare a toccare nel vivo l’educazione stessa. Museo inteso, anche, come nucleo di propulsione culturale centrifuga.” Un’idea dunque nuova del significato e del senso del luogo deputato alla conservazione dell’opera e che finalmente si propone come capacità di interpretazione dell’opera stessa ma anche come ruolo diversamente nuovo della sua necessità e quindi non in contrapposizione ma in armonia con le mostre giustificate dunque dall’essere pensate in funzione stessa dei luoghi dove e per i quali erano state concepite.
E’ dunque possibile che la sedimentazione culturale allorché alberghi e si sviluppi in luoghi consoni alla ricerca porti ancora a Ferrara nuovi stimoli e nuove possibilità nonostante la necessità se di necessità si trattava di chiudere o ridimensionare una delle eccellenze di cui la nostra città doveva andare fiera.
Sostieni periscopio!
Gianni Venturi
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it