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E’ tutta una musica e so benissimo di avere capovolto il celebre detto. Ma tra campane e trombe non è che si capisca molto, specie se accompagnano le prime uscite dei candidati o auto-candidati alle elezioni comunali.
Alcune non voglio commentarle; anzi, è meglio non commentarne nessuna perché confusione e azzardi regnano sovrani sotto il nebbioso cielo estense, esclamerebbe Macbeth. Così altre musiche ci rendono il cuore felice: sono quelle suonate alla Scala per la prima di ‘Attila’ e quelle indirizzate sotto forma di applausi convinti e prolungatissimi al presidente Mattarella, una vera e propria ovazione lunga minuti, dopo il canto spiegato dell’Inno nazionale, diretto da Chailly, che guardava il Presidente e gli spettatori dando le spalle all’orchestra.
I miei nipoti userebbero l’espressione: “Grande!!!”

Se è vero, dunque, che musica e cultura difendono i valori di una comunità, recisamente e convintamente affermo che il ruolo svolto da Ferrara in questo campo è stato serio produttore di valori. Altro che il ruolo da provinciale svolto dalla nostra città e dal territorio! Balle!
Così altre e importanti musiche sentiremo il 10 dicembre suonate al Teatro Comunale Claudio Abbado per la chiusura del triennio delle celebrazioni ariostesche. E le suonerà la banda, non quella cantata da Mina nei favolosi anni Sessanta, ma quella ben più professionale chiamata anche Filarmonica di Cona, che eseguirà un pezzo ottocentesco dedicato ad Ariosto mai suonato prima. E attori celebri che leggeranno di Angelica e documentari strepitosi per onorare il nostro Ludovico nel luogo più culturalmente rappresentativo della nostra città: il Teatro Comunale Claudio Abbado. Ma la stampa tace o sussurra, forse perché altre bande le piace sentire suonare: quelle che s’appiccicano all’assolo dei politici declamato tra 2 etti di spaghetti e ragout d’accatto. O sibilate tra soavi offese a questo e a quello.
Certo, se la democrazia passa attraverso questi comportamenti, mi convinco sempre più che è meglio rifugiarsi sotto la tenda del ‘radical chic’ o ‘shit’ (fate voi) che inghiottire palate del disgustoso prodotto sotto forma di parole o di pensieri.

Così sembra una comica, ma non lo è, e siamo spinti dallo scatenato Crozza ad associare l’immagine che ci dà dei politici capitati sotto la sua lente alla loro realtà. Dopo di lui, un Ministro della Repubblica discettava sullo stesso canale televisivo sul perché la sua panza cresce. Un altro porta sul viso incantato lo stupore per quello che dice, mentre un Matteo diverso (?) si fac immortalare mentre gioca al calcio ‘sine elegantia’.

E che si dice a ‘Ferara’? Non è ben chiaro. Ci si candida e si tace; si fanno scelte, ma in sordina, ‘sotto voce piano piano’. Gli amministratori prossimi a essere ex-eludono o forse si illudono. Ma perché? Che s’attende? Forse il ‘la’ nazionale dell’una o dell’altra parte? Oppure meglio non esporsi.
In tempi non sospetti ho definito la ferraresità come rancorosità. Ora indagini a livello demoscopico sottolineano che il carattere degli italiani sta tramutandosi in cattiveria. Però! Dal rancore alla cattiveria. Non c’è male.
Mi premio con una chopinata eccezionale, suonata dall’amatissimo Rubinstein.
Sempre e comunque: evviva la Cultura!

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it