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Ferrara film corto festival

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Da: Valter Zago (ex-presidente del Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna)

Bravo, Ministro Costa. Le è bastato ben poco, il ‘magari’ pronunciato a Roma nel suo intervento al recente IX Congresso di Federparchi, per svegliare le Regioni Veneto ed Emilia-Romagna dalla loro proverbiale catalessi a proposito del Parco del Delta del Po. Alla fine dell’elencazione dei sei nuovi parchi nazionali da istituire, “Matese e Portofino, tre in Sicilia, Costa Teatina” , Lei si è limitato ad aggiungere, fuori elenco, un auspicio: “e magari il Delta del Po”. ‘Magari’, l’equivalente di un ‘perché no?’, ‘forse’. Apriti cielo! Ne sono seguite immediatamente accuse, più o meno esplicite, da parte della Regione Veneto di lesa maestà regionale. Cristiano Corazzari, il suo assessore all’ambiente, Le ha richiesto al più presto un incontro chiarificatore.

Diverso l’atteggiamento, più paludato, ma non meno puntuto, in terra emiliano-romagnola. Qui, la Regione, che ha sempre ben altro a cui pensare e fare, dà sostanzialmente le spalle ai suoi parchi naturali. Il governo del proprio Parco più grande e complesso, quello del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, è ormai solo formalmente regionale, essendosi via via affermata una conduzione addirittura di tipo intercomunale. E la Regione dal canto suo non vi ha mai messo becco e lascia fare. L’Emilia-Romagna per i propri parchi regionali non ha mai nominato Presidenti e propri rappresentanti negli organi direttivi. Di più e di peggio, la Regione non ha mai controllato gli atti principali della loro gestione. E, cosa ancor più grave, sul finire del 2011, essa ha soppresso i comitati tecnico-scientifici delle sue aree protette. Si può ben dire, infine, che essa tradisce viepiù i propri parchi.

Ripongo subito, Signor Ministro, il quaderno delle doglianze, per venire senza ulteriori indugi al punto politico, che mi spinge a scriverle questa lettera aperta. Qual’è il carattere del misterioso Parco del Delta del Po previsto dalla legge quadro sulle aree protette, n.394 del 1991, così come emendata giusto un anno fa dalla legge di bilancio 2018? Finora nessuno pubblicamente lo ha espicitato. Lei, con quel suo ‘magari il Delta del Po’, lo ha lasciato solo intuire. L’anno che sta volgendo al termine è stato politicamente molto travagliato e non vi è nulla di strano se l’attenzione del Paese si è rivolta soprattutto in altre direzioni. Ora, proprio grazie a lei, Signor Ministro, può incominciare sul serio questa necessaria riflessione per la miglior cura del Delta del Po, una delle aree di maggior pregio naturalistico e paesaggistico del nostro Bel Paese e d’Europa; ed allo stesso tempo un territorio per antonomasia fragile e mutevole.

A questo fine, può venire d’ausilio l’interpretazione sistematica della legge 394, da cui risulta, fino ad improbabile prova contraria, il carattere squisitamente nazionale del Parco del Delta del Po. Al momento della approvazione di questa legge, nel 1991, tale parco era previsto con il carattere di interregionale dall’art.35, Norme transitorie. Ora, invece, il non meglio qualificato Parco del Delta del Po è contemplato dal nuovo comma 2-bis dell’ art.34, Istituzione di parchi e aree di reperimento, che tratta sostanzialmente solo di parchi nazionali. L’art. 34 termina al comma 11, con la previsione delle spese da sostenere per l’istituzione dei nuovi parchi nazionali elencati ai commi 1 e 2. Ecco perché, questa volta, nel caso del puro Parco del Delta del Po, a differenza di quello interregionale previsto nel 1991, la legge finanziaria 2018, evitando di ‘sforare’ il tetto di spesa prefissato, ha esplicitato che la copertura delle spese del nuovo parco, “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, è “assicurata dalle regioni e dagli enti locali territorialmente interessati”. A confortare decisamente questa interpretazione sistematica del carattere nazionale del nuovo Parco del Delta del Po vi è infine inconfutabilmente il richiamo implicito nella più volte qui citata legge di bilancio al comma 7 dell’art. 2 della stessa legge n.394, che prescrive, per l’istituzione dei parchi e delle riserve nazionali, l’intesa con le regioni: “E’ istituito, d’intesa con le regioni Veneto ed Emilia-Romagna, il Parco del Delta del Po”.

Mi preme precisare, Signor Ministro, che a questa conclusione sono pervenuto, operando d’intelligenza con il sicuro amico dei parchi e giurista Carlo Alberto Graziani, già Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Macerata e già Presidente del Parco nazionale dei Monti Sibillini.

Non spetta certo a me, a questo punto, suggerirle cosa fare. Spero che anche lei autonomamente sia giunto alla stessa conclusione mia e dell’amico Graziani e sappia bene come di conseguenza muoversi per il raggiungimento dell’ augurata e migliore intesa, con le due regioni interessate, propedeutica alla rapida istituzione del Parco nazionale del Delta del Po. E di farlo, in modo costruttivo e senza sconti per nessuno. E’ giusto che ognuna delle istituzioni in campo si assuma pienamente le proprie responsabilità.

Mentre le scrivo, Signor Ministro, è in atto un incredibile e folle tentativo, come i suoi uffici ben sanno, essendosene già più volte interessati, di realizzare a Comacchio, nel cuore del Parco del Delta del Po, un insostenibile impianto industriale di produzione di polveri per l’industria ceramica. Il tentativo è facilitato dalla fresca e nefasta nuova legge urbanistica della Regione Emilia-Romagna. Ed ora da una repentina modifica di questa stessa legge, che è volta a consentire brutalmente con procedura semplificata, in conferenze unificate di servizio, la variazione dei piani territoriali dei propri parchi naturali. Contravvenendo, così facendo, platealmente a quanto previsto dalla più volta ricordata legge 394, che pone esclusivamente in capo alle Regioni l’approvazione dei piani per i parchi appunto regionali.

Mi auguro pertanto, Signor Ministro, che lei promuova l’impugnazione per illegittimità di tale atto legislativo e che ciò possa concorrere ad una vera e leale collaborazione tra Stato e Regioni, nell’interesse del Delta del Po e di tutto il Bel Paese.

Grazie per l’attenzione e cordialità

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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