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L’assessore spallino Modonesi o il colonnello della Guardia di Finanza Bernabei? La novella ex pd Fusari o l’avvocato Giubelli? Uno di partito (leggi sempre Pd) o uno che con il partito non c’entra per niente? L’appuntamento elettorale è ancora lontano ma la Ferrara non-leghista sembra totalmente assorbita dalla ricerca di un capolista ideale. Il nome dovrà essere molte cose assieme: uno (o una) conosciuto, credibile, inclusivo, competente. Possibilmente simpatico e attrattivo. Sperabilmente vincente. Di settimana in settimana, la stampa locale registra le nuove candidature, o mezze candidature, o quasi-candidature: ‘Se proprio insistete… potrei candidarmi io…’. E assieme al totonomi, arrivano puntualmente i veti incrociati, i siluri per affondare questa o quell’aspirante sindaco. Non è propriamente una novità, anzi, era una legge aurea che vigeva nella vecchia Democrazia Cristiana: se ti esponi troppo presto, verrai prontamente impallinato.
Certo, il problema del candidato esiste. Anche un uomo fuori da ogni logica di partito come Daniele Lugli, un grande amico e che, come tanti, reputo carico di esperienza e di saggezza, sembra convinto della necessità e soprattutto dell’urgenza di individuare un nome unico su cui far convergere il voto di una unica – o di più liste – che si opporranno alla nuova Destra. Capisco bene questa preoccupazione ma credo sia lecito chiedersi se sia questo il modo giusto per approcciarsi alla scadenza elettorale.
Ma lasciamo perdere il giusto o il non giusto (sembra che in politica sia un concetto molto relativo); riformulo la domanda: è proprio vero che la possibilità di contendere alla Destra il governo di Ferrara dipende – totalmente o in massima parte – dal trovare un super-capolista? Che per vincere l’unica vera cosa che conta è azzeccare il numero (il nome) giusto al lotto?
La risposta, almeno in questo caso, è no. Avere in testa come prima preoccupazione il candidato salvatore della patria non solo è ingiusto (e le idee, e i programmi?) ma è anche sbagliato. Una strategia perdente: con questa idea fissa, è il mio modesto parere, la Sinistra rischia di perdere subito, al primo turno. Provo a spiegare il perché.
1. La prima ragione è lapalissiana. Se la Ferrara democratica e progressista non ha ancora trovato nessun “candidato forte”, nessun “nome noto”, nessun super-aspirante-sindaco con tutte le caratteristiche di cui sopra, sorge un legittimo sospetto: magari una figura del genere non esiste proprio. Ma allora perché la caccia a questo rarissimo (o forse estinto) “animale” continua ad essere al centro dei pensieri di tutta la nostra classe politica? Non sprechiamo così tempo prezioso? Non sarebbe meglio occuparsi d’altro?
2. Visto che Ferrara non sta in un’altra galassia ma è una città del Belpaese e del continente Europa, visto che le amministrative di maggio si terranno in assoluta coincidenza con le elezioni europee, visto che i legami di appartenenza degli elettori si sono allentati (la chiamano volatilità del voto), visto lo strapotere dell’informazione/disinformazione e dei social in particolare. Visto tutto questo, l’esito del voto a Ferrara sarà condizionato per il 70 o 80% dal clima politico nazionale. L’Emilia rossa è morta da un pezzo, lo zoccolo duro è diventato poco più che una pantofola, quindi la maggioranza dei ferraresi voteranno all’incirca come votano tutti gli altri italiani del Centro Nord. Ma allora, non sarebbe il caso di mettere al centro del dibattito cittadino, e quindi anche della campagna elettorale, i grandi temi che dividono oggi l’opinione pubblica? Cittadinanza, Diritti, Lavoro dignitoso, Uguaglianza, Accoglienza…
3. Ma i cittadini di Ferrara, almeno una parte di loro (il 20, il 30%, io spero di più), non voteranno solo seguendo la grande onda mediatica, ma guardando alla Ferrara concreta, quella che vivono ogni giorno. E aspettano idee, obiettivi, proposte per la Ferrara futura. Una parte non trascurabile dei ferraresi – se almeno abbiamo un minimo di fiducia nelle capacità e nella ragionevolezza dei nostri concittadini – non guarderà a questo o quel candidato ma aderirà con il voto a un programma e a una speranza di una Ferrara migliore.
Per buona sorte, sono davvero tanti i ferraresi che stanno cercando di “invertire la piramide”: invece di partire dalla cima (il candidato sindaco) stanno costruendo dal basso, dalla base, mattone dopo mattone. Censendo i bisogni inevasi, rispondendo alle attese, elaborando idee guida ed obiettivi concreti per una Ferrara coraggiosa, moderna, democratica, accogliente. Da questo “laboratorio diffuso” – questo è almeno il mio auspicio – emergerà un programma coerente e convincente, quindi una grande lista civica democratica e di sinistra. Verrà allora il tempo di pensare al candidato sindaco e alla squadra di competenze che dovrà supportarlo. Ma questo dopo, non prima; per non mettere come sempre il carro davanti ai buoi.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it