Hanno ottant’anni, ma non importa, si cercano come ne avessero venti, già a trenta non ci si esplora più così. Siamo seduti vicini a teatro, una mano, un gomito, un ginocchio, un contatto che non deve mancare in quei novanta minuti. Come a dirsi sono qui, ti penso e questa straordinaria Maria Paiato ci sta unendo ancora di più.
Si sussurrano qualcosa, si scambiano le emozioni che non possono aspettare di essere dette dopo lo spettacolo. Si voltano a guardarsi quando una battuta o il pathos li richiama a chissà quale pensiero comune, a un frammento di vita condiviso che si affaccia nello stesso momento, per entrambi.
Non riesco a non guardare quelle due mani che sanno che l’amore è lì, non è dimenticato dalla fatica degli anni, non è ombreggiato dalla consuetudine perché è ancora alla luce del sole, speculare, evidente, concreto.
Sul divano di casa loro, dove i posti sono ben definiti e personali, lei mi racconta che ha concluso un romanzo, la storia gliel’ha passata lui. “Abbiamo iniziato a scriverlo insieme – dice – poi io volevo metterci l’amore, lui la politica, abbiamo litigato e io ho fatto da sola”.
Poi ci pensa e chiede guardandolo: “Quand’è stata l’ultima volta che abbiamo litigato?”, “Oggi – risponde pronto lui – perché esci sempre senza cellulare e io mi preoccupo”.
E si guardano, lei ha gli occhi verdi, lui tartarugati e le sorride bonario. Il loro è un amore nato a cinquant’anni, lei lo sentiva nell’aria ed era attratta dalle sue parole scritte ancora prima di conoscerlo. A cinquant’anni, quando troppo spesso si batte la ritirata di fronte al campo minato dei sentimenti, quando è comodo dire di avere già dato abbastanza, come fossimo una batteria non più ricaricabile, loro si sono trovati, trovati per sempre.
Ricordo che anni fa lui mi disse “lei mi ha salvato”, sarà per quello che dopo tanto tempo non smette di cercarla, neanche per novanta minuti.
Avete mai conosciuto o vissuto un amore così? Un amore che non disperde i dettagli negli anni?
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Riccarda Dalbuoni
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