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Sospendere per sei mesi gli ordini di chiusura notificati alle sale da gioco non in regola con le distanze minime dai luoghi sensibili – tra cui scuole, chiese, ospedali – indicate dalla legge regionale: è quanto chiede Astro a sei comuni dell’Emilia-Romagna (Imola, Faenza, Forlì, Bellaria, Cesenatico e Cervia) che in questi giorni stanno comunicando agli esercenti interessati l’obbligo di chiusura, concedendo un breve termine per dismettere l’attività aziendale.
Tutto nasce dalla legge regionale sui giochi del 2013 e dalla relativa delibera n. 831/2017 che impone alle sale da gioco a meno di 500 metri dai luoghi sensibili di chiudere o trasferirsi.
Proprio sulla seconda ipotesi, quella della “delocalizzazione”, si sofferma Astro, che in una nota afferma come «detto trasferimento non sembrerebbe realizzabile in quanto, nel territorio regionale, non vi sarebbero aree “non sensibili” disponibili, anche alla luce delle norme dei piani regolatori locali che consentono l’esercizio delle attività di sale gioco solo in determinate zone».

Le sale interessate dal divieto «sarebbero, quindi, la quasi totalità di quelle presenti sul territorio regionale e ciò, di fatto, determinerebbe l’estinzione delle attività̀ aziendali insediate in Emilia-Romagna». Un simile scenario, continua Astro, si pone in aperto contrasto con l’accordo siglato da Governo ed enti locali (e sottoscritto quindi anche dall’Emilia-Romagna) in Conferenza Unificata lo scorso 7 settembre. Tale accordo prevede che «Regioni e gli Enti locali adotteranno, nei rispettivi piani urbanistici e nei regolamenti comunali, criteri che, tenendo anche conto della ubicazione degli investimenti esistenti, relativi agli attuali punti di vendita con attività̀ di gioco prevalente, consentano una equilibrata distribuzione nel territorio, allo scopo di evitare il formarsi di ampie aree nelle quali l’offerta di gioco pubblico sia o totalmente assente o eccessivamente concentrata».

Astro avanza quindi una richiesta di proroga di sei mesi sugli ordini di chiusura. In questo modo si potrà prima di tutto «attendere che, a livello nazionale, si faccia chiarezza sulla regolamentazione della materia e si recepiscano i criteri individuati dalla Conferenza Unificata in tema di distribuzione territoriale dei punti di gioco»; in secondo luogo, «attendere gli esiti dei contenziosi amministrativi instaurati innanzi al Tar dell’Emilia-Romagna»; infine, «consentire – come già fatto dal Comune di Cesena – alle sale dedicate destinatarie dell’ordine di chiusura, la possibilità di individuare zone che abbiano i requisiti previsti dalla legge regionale per delocalizzare, valutando al contempo la sussistenza di presupposti –anche economici – che questa delocalizzazione comporterebbe».

LA LEGGE REGIONALE: CHIUSURA IMMEDIATA PER LE SALE “SOTTO DISTANZA”

La legge 5/2013, che disciplina i giochi in Emilia Romagna, resa esecutiva nel giugno 2017, vieta l’apertura di punti di gioco e l’installazione di apparecchi entro 500 metri da una nutrita serie di luoghi sensibili: scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture sanitarie, luoghi di aggregazione giovanile e oratori. Quanto a sale e apparecchi già in esercizio, la legge prevede precisi step di adeguamento. Il primo passo, ricorda Agipronews, lo hanno fatto i Comuni negli ultimi mesi del 2017, individuando i luoghi sensibili sul proprio territorio e gli esercizi non in regola con il distanziometro. Proprio sulla base delle mappe comunali, ogni sindaco nei successivi sei mesi, vale a dire entro il primo semestre del 2018, è tenuto a comunicare alle sale “sotto distanza” i provvedimenti di chiusura. Gli esercenti che vorranno proseguire la loro attività in una zona non soggetta al divieto potranno usufruire di una proroga di ulteriori sei mesi. Più larghi i tempi per gli esercizi pubblici che ospitano al loro interno le slot pur non essendo in regola con il distanziometro: non potranno più installare nuovi apparecchi, ma potranno tenere quelli già installati fino alla scadenza della concessione. In sostanza, continueranno ad operare fino al 2022.

La spesa per i giochi – Secondo i dati diffusi da Monopoli di Stato, in Emilia-Romagna per i giochi sono stati spesi 708 milioni nel primo semestre del 2017. Un dato che pone la Regione in linea con l’intera annata precedente, chiusa a 1 miliardo e 470 milioni (8% della spesa nazionale). La voce principale riguarda gli apparecchi (slot e Vlt), sui quali sono nel primo semestre 2017 stati giocati (al netto delle vincite) 461 milioni, seguiti dai Gratta e Vinci (103) e da Lotto (70). All’Erario, calcola Agipronews, sono andati 372 milioni.

Le ricadute occupazionali – La riduzione dell’offerta di gioco non potrà che avere conseguenze sul livello occupazionale del settore. In Emilia-Romagna, secondo l’associazione di gestori slot Astro, sono in attività 3900 esercizi che vivono totalmente o prevalentemente grazie all’offerta di gioco lecito. Di questi, 3500 sono esercizi generalisti (bar, tabacchi, ecc,) e contano circa 7500 addetti; 400 sono sale dedicate, con 3000 addetti. Al quadro vanno anche aggiunte 150 imprese che si occupano di gestione e manutenzione di slot per conto dei concessionari (con 1500 tra addetti, agenti e impiegati) 20 imprese di costruzione e distribuzione delle macchine (circa 400 occupati) e un concessionario con oltre 80 dipendenti. In totale, sono circa 12500 i posti di lavoro messi potenzialmente a rischio dal taglio di apparecchi (che in regione passeranno da 35 mila a 22 mila) e punti vendita.

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