È un piacere trovare la cultura fuori posto. Fuori dalle università, fuori dalle biblioteche, fuori dai musei, dai teatri, dalle scuole. Vuol dire che la cultura cammina e si confonde tra la gente, perché questa è la sua vocazione.
Ma occorrono gli uomini, le idee e le iniziative per trascinare fuori la cultura all’aria, nelle piazze, per le strade. La città della conoscenza è fatta di cultura fuori posto, di cultura non catalogata, di cultura arredo urbano, di cultura voce urbana.
Questa volta l’incontro in città non è alla fermata dell’autobus con la poesia errante, ma con le note di un pianoforte fuori posto, in via Canonica, alle spalle della cattedrale, in mezzo alla strada, tra la gente che cammina.
A suonare è il pianista fuori posto, il maestro Paolo Zanarella, con il suo strumento, ovviamente, ambasciatore di pace.
Pace è il momento sospeso che ci offre, sospesi noi e la città sulle note della sua musica. I suoni che sprigiona fanno della città una sala concerto, l’incanto che per un istante sorprende la tua vita quotidiana.
Zanarella suona fuori posto, per strada, per regalare un sorriso ai bambini che ne hanno bisogno, per solidarietà con i bambini autistici, anche loro sempre fuori posto ma con un’incredibile melodia dentro da scoprire, da rivelarci.
Come il poeta errante Ma Rea, anche Il pianista fuori posto ha il suo sito internet a cui rimando quanti volessero approfondirne la conoscenza.
Avremmo bisogno di una città con tanta cultura fuori posto, capace di sorprenderci, di aiutarci a non essere schiacciati sul presente, a sospingere il nostro sguardo oltre l’oggi, capace di fornirci le parole per pensare e per dire il futuro.
La cultura fuori posto sembra fatta apposta per scuoterci, per risvegliarci, per uscire dai nostri torpori, dai nostri spaesamenti. In quell’attimo in cui ti fermi con tutti gli altri a guardare, ad ascoltare, ad assistere all’evento inaspettato, come qualcosa atterrato dal cielo, senti amicizia con gli altri, senti che si può vivere la città da amici, amici tra cittadini di una stessa città, amici con quelli che sono lì come te, avvinti dallo stupore, dalla sorpresa, dall’interesse. Scopri che cultura è prossimità, palpitare con l’altro. Che la cultura è, accade, se riesce a far palpitare la città.
Lì, in quel momento, tutti gli scontri si sciolgono. Si palesa, prende forma una nuova eticità dello stare insieme, del guardare avanti, del pensare alla città come progetto di tutti.
Arte e cultura ovunque li incontri sollecitano il pensiero, inducono a mantenere sempre alto il livello di vigilanza, aiutano a capire luci e ombre, aiutano a guardare gli orizzonti senza mollare la via delle proprie responsabilità e della cittadinanza attiva.
Quando incontri l’altro che ti mette a disposizione la sua creatività, che te ne fa dono perché desidera che tu non passi solo, ignoto, indifferente, con la sua voglia di coinvolgerti nel linguaggio della musica, nel linguaggio della poesia, non come manifestazione, non come evento, ma come un manifestarsi, come una occasione, non puoi tirarti indietro.
Sono linguaggi che si fanno dialogo perché si propongono di parlarti, di comunicare direttamente con te, rifiutando i luoghi tradizionali, i ghetti dove per anni sono stati rinchiusi, per aprirsi e ritornare a respirare fuori nell’incontro con l’altro, con chi vive e respira come quella musica, come quelle parole. Allora ti trasportano in un’altra dimensione, la dimensione del “Noi”, del “Sognare il Noi”, che non siamo mai soli, ma siamo sempre tutti insieme. Si scrive un’altra grammatica della cittadinanza, dove gli egoismi, le chiusure, le solitudini, non sono distrazioni ma errori di sintassi, strafalcioni dell’ortografia cittadina.
È con il “Noi” che ci si trova di fronte alla consapevolezza di essere, alla consapevolezza che da questo non ti puoi distrarre. Come ci propone Paolo Zanarella, il pianista fuori posto, da soli siamo una nota, insieme diventiamo una sinfonia.
Ecco, tutti avremmo bisogno di cultura fuori posto, a partire dalla nostra, potrebbe aiutarci a rimettere ordine tra noi, riprendere a imparare a scrivere insieme le pagine della nostra cittadinanza, dell’essere insieme ad abitare la nostra città, ridisegnare i punti di incontro, mettere in gioco consonanze ed eventuali dissonanze.
Chiederci se la città è un sogno svanito o un’utopia da ridisegnare.
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Giovanni Fioravanti
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