Con l’estate tornano i concerti sotto le stelle e, tra questi, quello di ‘Le luci della centrale elettrica’, ossia Vasco Brondi. Cresciuto a Ferrara, l’artista torna nella sua città grazie a “Ferrara sotto le stelle”, la rassegna musicale che ha il merito di fare arrivare grandi nomi (come i Simple Minds), ma anche tanti musicisti e cantanti di nicchia, di qualità e non necessariamente da hit parade. E’ questo un po’ il caso del cantante, classe 1984, che ha dato al suo progetto musicale un nome che fa pensare più a un gruppo che a un nuovo cantautore quale, invece, è.
Perché “Le luci della centrale elettrica” è lui, lui che nel 2007 ha scelto questo biglietto da visita e che piano piano si è conquistato pubblico e critica: nel 2008 vincendo la targa Tenco, nel 2010 primeggiando tra i migliori venticinque dischi del decennio per l’edizione italiana della rivista “Rolling stone” (album Canzoni da spiaggia deturpata), nel 2011 aprendo i concerti di Jovanotti nel suo “Ora in Tour”.
Una voce, quella di Brondi che dà finalmente un punto di riferimento attuale a tutti quelli per cui la musica deve essere anche parola, voce che racconta e dà un senso a cose magari piccole, a quello che può succedere intorno, a sentimenti, precarietà, sogni, citazioni musical-letterarie.
Quando qualcosa piace, c’è sempre un insieme di cose che tornano, come coincidenze o puntini luminosi che ti confermano che c’è una sintonia non superficiale, che c’è un perché dietro a quell’emozione che ti fa fermare, che ti fa ascoltare, che ti fa vibrare qualcosa dentro. E’ il caso, ad esempio, della copertina dell’ultimo album “Costellazioni”, disegnata da Gianluigi Toccafondo con la sua tecnica di pittura che va a ricolorare e personalizzare fotografie e fotogrammi, collaudata e già vista anche in forma video nelle sigle d’apertura di Fandango, casa di produzione e distribuzione cinematografica di Ferzan Ozpetek e Corrado Guzzanti. Ma è anche il caso dei versi che si riallacciano all’amato Lucio Battisti (“Chiamale se vuoi esplosioni dei mercati” in Anidride carbonica) o a Gabriel Garcia Marquez (L’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici).
Con molta aspettativa, quindi, mercoledì 16 luglio nel cortile del castello estense di Ferrara aspetteremo lui che canta la ricerca di “un centro di gravità almeno momentanea” (La terra, l’Emilia, la luna in ‘Costellazioni’); che spiega come sia “inutile proteggersi dai venti forti”, come anche “nel disastro il futuro era sempre lì a sorriderci” (Macbeth nella nebbia), come “forse si trattava di affrontare la vita come una festa, come in certi paesi dell’Africa” (Le ragazze stanno bene). Bello che sotto le stelle ci siano anche queste luci a illuminare nel buio estivo la precarietà e l’incertezza. Bello potere condividere e dare un senso straordinariamente malinconico e accettabile a crisi e timori che ci avvolgono; che è poi ciò che avviene quando qualcosa è davvero poetico. Ai nostri “lunedì difettosi, ai martedì magri, ai venerdì neri”, ai “diluvi universali dei tuoi pianti” (L’amore ai temi dei licenziamenti dei metalmeccanici); ai sogni che ne I nostri corpi celesti “sfondavano i soffitti, i nostri disperati sogni di via Ripagrande, di viale Krasnodar”.
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Giorgia Mazzotti
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