Abito il quartiere giardino arianuova. Lo scrivo come un sostantivo seguito dal suo attributo, come un programma, una promessa della natura alla città. Dunque, non come uno più uno, che in quanto tale può fare solo due. Due entità vicine, ma distinte.
Non sopporto, poi, neppure l’etichetta Gad che con gli anni gli è stata incollata addosso. Sembra la cifra di un gruppo d’assalto.
Gad si addice alle ronde volontarie che di sera percorrono con urla da monatti le strade tra l’Acquedotto e la Stazione, con l’intento di stanare la peste dello spaccio di droghe. Ma per le urla e i frastuoni con cui si accompagnano, la loro violenza non è minore del degrado sociale che si propongono di debellare, almeno per come inaspettata ti fa sussultare, violando la tua casa e il tuo privato.
Per principio non amo chi si sostituisce ai doveri delle forze dell’ordine, con una sorta di fai da te, che il solo tollerarlo denuncia la debolezza dell’amministrazione cittadina e delle stesse autorità preposte a garantire la nostra sicurezza. Sarebbe sufficiente che dispiegassero la metà dei corpi di polizia che, ogni domenica che la Spal gioca in casa, mobilitano in zona stadio, per sconfiggere lo smercio degli stupefacenti. Ma certo di questi tempi è arduo sceverare tra calcio e coca chi sia più pericoloso.
In tanto appare un nuovo soggetto sociologico, il cittadino fai da te. Il cittadino che si sente tradito dalla sua comunità, perché si sente lasciato solo di fronte al problema. E allora cerca altre solitudini come la sua, a cui unirsi per dichiarare guerra al nemico comune.
È questo un tema critico che gli specialisti definiscono City of Neighbourhoods, difficile da traslare nella nostra lingua senza deformarne o perderne il significato vero. È, comunque, la questione del rapporto tra quartiere e città. Le circoscrizioni, che ora non abbiamo più, perché la destra, con il decreto legge 2/2010, ce le ha cancellate, per ridurre i costi della politica sulle spalle delle persone che non rubano. Così ti hanno ridotto ad essere ospite o un semplice abitante, anziché essere cittadino a tutti gli effetti. Oggetto delle politiche amministrative della tua città, anziché il soggetto per eccellenza.
Mi pare che la risposta della nostra amministrazione cittadina sia stata quella di assegnare ad un assessore la delega al decentramento. Il precedente assessore Masieri, intervistato da la Nuova Ferrara, nel gennaio di quest’anno, prevedeva un assessore costantemente decentrato, itinerante tra le delegazioni in funzione di ascolto di questo o di quell’altro interesse. Davvero umiliante, mortificante di ogni idea di cittadinanza. Sul filo pericoloso del paternalismo, del customer service, delle lobbies.
Se questo accadesse, vorrebbe dire che quasi quarant’anni di decentramento non sono stati in grado di sviluppare e consolidare nel tempo autosufficienza, strutture partecipative, identità, animazione, spirito locale.
L’esigenza d’essere cittadini attivi nel proprio quartiere non è venuta meno, anzi più la globalizzazione del mondo avanza, più cresce la necessità della partecipazione locale hic et nunc.
Non vorrei che fossimo rimasti solo con gli uffici anagrafici e le ronde di quartiere.
Le buone volontà, i volontariati, associazioni e parrocchie non hanno il compito di interpretare e dare risposte al groviglio complesso dei temi che pone ogni cittadinanza.
Cittadinanza è partecipare a un’idea di città, a un progetto che sei chiamato a condividere da chi ha titolo all’amministrazione della tua città, per investire sulla vita, sul risiedere, sulla felicità e il benessere delle persone.
Il nuovo progredisce per salti di qualità dei nostri pensieri. Di nuovo oggi ha bisogno la gente più che mai, per uscire dagli incubi economici e politici accumulati in questi decenni.
Salvate la città e la cittadinanza, non lasciate i cittadini da soli, non lasciate che si organizzino per proprio conto per combattere il crimine.
Allora nei quartieri bisogna andare ad ascoltare e dialogare. Istituire sedi permanenti di incontro, di impegni, di divisione dei compiti. I forum sono gli strumenti più rodati e conosciuti, i forum possono diventare i polmoni e l’ossigeno della vita cittadina e della sua democrazia. Non sono una perdita di tempo, non sono vuoti luoghi di sfoghi e di protesta, sono gli unici luoghi dove i cittadini hanno l’occasione di maturare nell’esercizio dei loro diritti di cittadinanza.
Se si temono i forum significa che si preferisce governare una città di sudditi e di lobbies. E allora, in simili condizioni, ognuno si organizza come può, perfino con le ronde di quartiere, che possono divenire anche squadre, fino a quando la storia si ripete.
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Giovanni Fioravanti
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