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Da Paolo Giardini

Antropologia ferrarese – un punto vulnerabile

Sono sudditi docili gli autoctoni ferraresi. Consenzienti cronici da sempre.
A parte il tumulto del 1385 in cui lo spietato Tommaso da Tortona venne fatto a pezzi, per vedere a
Ferrara una sollevazione spontanea, non spinta dalla fame e non organizzata da partiti o sindacati,
s’è dovuto attendere il 2008, quando gli abitanti di borgo San Luca soggetti alle esasperazioni della
Stanza Urbana confluirono in massa a Palazzo.
L’episodio fu breve ed incruento. Sateriale comprese che si alterava l’equilibrio endocrino nella
popolazione, perciò, non essendo afflitto dai complessi di superiorità del suo successore, rinunciò
facilmente alle fatuità urbanistiche togliendo subito mordente alle proteste.
Comunque la tradizionale apatia ferrarese, così funzionale allo stabile consenso per il Partito
Dominante (al lettore sagace non sfuggirà una coincidenza d’iniziali), non è incoerente con la
protesta di massa del 2008. Perché prevedibile. Nell’apatia endemica la noia di qualsiasi tran tran
è più gradita della fatica d’assoggettarsi a cose nuove, e ancor più se le novità sono stupide. Ecco
perché gli strampalati esperimenti di viabilità nella Stanza Urbana, che esigevano l’insopportabile
adesione ad un cervellotico sistema di sensi unici mutevoli ad ore o giorni alterni, riuscirono a
stimolare una ribellione contronatura.
L’esperienza degli ultimi 70 anni insegna che il flagello di amministrazioni comunali dilettantesche
non turba il ferrarese medio. In altri termini, se il crescente livello di banalità resta uniformemente
spalmato sul “pubblico”, la galassia di fesserie comunali gravitanti attorno ai due giganteschi buchi
neri dell’intelligenza umana caratterizzanti la Ferrara del III millennio (cioè: 1 – la deportazione in
camporella del plurisecolare arcispedale cittadino, 2 – l’inverosimile cessione ad Hera dell’AMGA e
suoi lucrosissimi monopoli), può durare fino all’estinzione dell’Homo Ferrariae. A meno che …
A meno che, come nel 2008, non si chieda di aggiungere alla sopportazione dell’inefficienza
cumulativa un di più nel fare quotidiano che tocchi direttamente tutti gli individui. È proprio l’ambito
in cui s’è inoltrata Hera, che con la faccenda dei “cassonetti intelligenti” sembra perseguire
l’obbiettivo di coinvolgere nella quotidianità sia la crescita di disagio pubblico che quella dei privati.
E con una particolare novità: la smaccata presa per i fondelli dei singoli cittadini, convocati con la
cartolina precetto per ritirare la tessera nominativa. “Obbligo della firma” è stata la futile risposta
alle proteste sull’inutile imposizione. Come se la firma data al postino per ritirare la raccomandata
di consegna della carta Smeraldo valesse meno di quella data ad Hera.
“Non tutto il male viene per nuocere” recita l’adagio. Chissà, buone prospettive ne abbiamo. Per
completare la simpatica iniziativa di depauperamento comunale avviata un decennio fa, le attività
cimiteriali Amsefc non sono ancora state regalate ad Hera. Ma questa non disperi, già s’è iniziato
sommessamente a parlare di cessioni, poi il suo amico Tagliani lascerà la seggiola solo fra un
anno e mezzo: c’è ancora tempo.
Paolo Giardini

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