Dopo il paradiso c’è sempre un inferno. E in questi ultimi mesi Ferrara sta diventando sempre più pericolosamente infernale: sociologicamente, politicamente, culturalmente.
Così appariva la mia città dalle frescure alto-atesine. E così la ritrovo nel caos laidesco. E le vestigia del luogo amatissimo abbandonato per sempre, l’odiosamata Firenze, che concludono la mia ‘fiorentinità’, ora occhieggiano tristi dagli scaffali del L(a)ido degli Estensi.
Curioso delle novità mi aspetto nuovi accomodamenti, nuove regole, nuovo glamour.
E invece? Strade sommerse dagli aghi di pino, invasione di gabbiani, negozi chiusi e appartamenti vuoti. E su tutto Lucifero che impera col suo fiato di fuoco, mentre il mare diventa irraggiungibile e perfino raggiungerlo in bicicletta diventa un problema.
E’ sempre più in là.
Vecchi si trascinano pietosamente carichi di stracci immondi. Uno, carico di ombrelli, mi rivolge uno sguardo disperato a cui non so cosa rispondere se non vigliaccamente sprofondando tra le pagine dei giornali. E la bava del caldo ritma impietosamente le agitazioni del fu Pd.
Ricordo, nel nome di Bassani, d’aver trattato con l’eretica Zanardi; ma non mi pareva così ingenua come le sue sparate hanno dimostrato.
Che cosa ha voluto esprimere?
E perché Tagliani si è lasciato coinvolgere?
La politica, tutta la politica ormai agisce con un unico scopo: risolvere il problema dei migranti.
Mi si dice che la zona Gad sia sempre più infrequentabile; così il centro storico, invano difeso dagli ‘eventi’ estivi ormai pericolosamente vicini alla vecchiaia. E su tutto la sensazione di non riuscire a trovare una strada se non attraverso il compromesso.
Ore 9. Un altro giorno porta con sé la fiamma luciferina. La pioggia attesa, invocata, prevista s’allontana, mentre ieri sera per alleviare le pene dei villeggianti nel mio bagno si è celebrato il Natale.
Non quello di Roma, che sarebbe piaciuto alla sindaca Raggi, ma quello tradizionale con tanto di albero, lucine, babbi Natale che vendevano a bizzeffe i panettoni. Folle da stadio mentre il disco trasmette Bianco Natale e i bambini fanno “behhhh”, imitando renne, pecore e altri animali nordici.
Ormai l’illusione si è impossessata della realtà. Sulla terrazza che sembra un film di Scola mangiamo pesce squisito, mentre da lontano i cori decembrini illudono chi vorrebbe andare non ‘tutti al mare’ a mostrare mostruose chiappe e panze chiare, ma in Groelandia.
Intorno il degrado urbanistico diventa sempre più evidente. Strade maltenute al limite della decenza. I negozi – quelli di qualità- sprezzantemente chiudono offesi dalla concorrenza dei mercatini abusivi. E il Sindaco di Comacchio tace, com’è sua consolidata abitudine.
L’osservatorio postato in un bar un tempo celebre registra la carne tremula spavaldamente esibita da improbabili e passate ex maliarde e da play boys d’antan con preoccupanti accenni di seni sviluppati in modo abnorme.
Mi rifugio nel mio antro ormai divenuto tempio canoviano per la folla di documenti, stampe, oggetti religiosamente esibiti a Firenze e ora in stridente contrasto con il luogo laidesco. E qui, m’abbandono a non allegri pensieri.
E penso all’orrida pannocchia di Trump che non firma l’arresto al degrado del pianeta e ai fighetti Matteo ed Emmanuel, ai violenti, ai commedianti, agli improbabili della politica.
Poi lo sguardo si rivolge ai frequentatori dei Laidi e tutto si capisce e si giustifica.
Scritto in attesa della pioggia…
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Gianni Venturi
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