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di Grazia Baroni

La storia dell’umanità, consapevolmente o no, procede evolvendosi nel desiderio degli uomini di costruire una civiltà sempre più aperta e condivisa nei suoi valori più profondi di libertà, fraternità e parità, condizioni necessarie per una vita di pace e prosperità.
Per questo dopo gli orrori e le distruzioni dovute alla due guerre mondiali era necessario inventare nuovi modi per procedere nell’emancipazione dei popoli in nuove forme di civiltà.
Così è nato il progetto di costruzione dell’Europa unita attraverso le comunicazioni e le relazioni economiche, pensando che tutto il resto sarebbe venuto di conseguenza ma trascurando il fatto che ormai tutto era cambiato a partire dalla coscienza del valore della vita umana, dopo i milioni di morti e della necessità di poter esercitare la libertà personale, dopo fascismo e nazismo, perchè la vita abbia un senso. Questo è possibile solo in uno spazio libero e comune che tenga conto dei processi storici delle singole nazioni.
Per fare questo c’era bisogno di un nuovo progetto che rappresentasse, nella sua novità, il salto storico, necessario a comprendere la nuova coscienza civile che nella seconda guerra mondiale si era maturata: in sintesi il vino nuovo non può farsi in otri vecchi ma ha bisogno di otri nuovi, altrimenti questi scoppiano.
La trasformazione della sovranità nazionale di dimensioni circoscritte in una sovranità nazionale più ampia non poteva più avvenire con la conquista di un popolo più forte a scapito degli altri più deboli, ma sarebbe dovuta avvenire con lo scambio e il reciproco riconoscimento dei valori che ciascuna nazione portava a eredità comune. Occorreva un progetto nuovo, ad hoc. Per questo c’è bisogno dello Stato democratico d’Europa tutto da definire e realizzare.
Gli stati uniti d’Europa dovrebbero dotarsi di una Costituzione scritta da un Parlamento costituente, eletto con questo preciso compito, e tale Costituzione dovrebbe rappresentare il progetto per il quale gli stati europei si costituiscono Unione.
Perché questo progetto si possa realizzare, secondo me, è necessario definire i nuovi contorni del progetto Unione Europea in modo da comprendere la società attuale che è molto diversa da quella appena uscita dalla seconda guerra mondiale, sia nei suoi valori che nelle sue paure e limiti culturali.
Quindi come fare perchè questa utopia sia veramente lo sprone nel prossimo futuro a trasformare le singole realtà statuali in esperienze consolidate? Come fanno gli stati a definire il progetto Europa in modo che ciascun popolo sia in grado di discernere gli elementi politici, storici e culturali che sono ancora utili e necessari da quelli che invece bisogna abbandonare?
Abbiamo sufficiente esperienza per poter definire, o almeno indicare, alcune qualità su cui dovrebbe poggiare uno stato moderno a livello di una società globalizzata, cioè di una società in cui ogni cittadino, che ne sia consapevole o no, è direttamente connesso a tutti gli altri ed in cui ogni sua scelta o azione produce trasformazioni in tempo reale in tutto il sistema.
Nonostante il nostro sviluppo e l’esperienza accumulata, non abbiamo ancora un’adeguata consapevolezza né delle nostre possibilità né dei nostri limiti, perché abbiamo appena incominciato a fare i primi passi nello sperimentare i concetti di democrazia, cittadinanza e autonomia; non abbiamo ancora raggiunto neppure l’adolescenza nello sviluppo di questi concetti.
Oggi, per esempio, il riferimento ai diritti umani nella carta dell’ONU è molto presente, nonostante questo non tutti i cittadini sono ancora disposti a tenerne conto in ogni situazione e per tutte le persone.
Oggi è possibile sperimentare un grado di libertà ineguagliabile rispetto ad altri momenti storici, anche se non tutti la sanno veramente esercitare nella sua qualità. Comunque, se dovessimo perdere tale dimensione di libertà ne soffriremmo indicibilmente. Oggi ciascun cittadino può fare esperienza della propria capacità di vivere autonomamente, di sapersi organizzare e di potersi informare, anche se non ha ancora del tutto la capacità di riconoscere la qualità delle informazioni e quindi la sua capacità di scelta è ancora troppo dipendente dal pensiero dominante.
Credo quindi che una delle prime cose da fare sia riformulare il concetto di democrazia perchè ormai abbiamo sperimentato che non coincide soltanto con la volontà della maggioranza così come viene definita oggi. La democrazia non può essere solo maggioranza ma deve essere capace di rispondere anche ad altre qualità: uno stato democratico deve costruire una società che permetta a tutti di esprimere il proprio pensiero e di riconoscersi, almeno in parte, nella civiltà che contribuiscono a costruire. Questo nuovo concetto di democrazia non solo contiene, ma supera, il concetto di uguaglianza tra tutti i cittadini e lo sviluppa nel concetto di parità; si passa perciò da un valore quantitativo ad un valore di qualità complessiva che, oltre a rispettare il singolo, ne valorizza la diversità; in poche parole si vuole affermare l’unicità come caratteristica imprescindibile di ogni persona, di ogni cittadino.
La seconda cosa da fare è ridefinire il concetto di Stato e quindi la sua Costituzione. Secondo me, lo Stato dovrebbe riconoscere che non si fonda su una Nazione ma che, come dimostra la storia, nasce da diverse Nazioni che si riconoscono in valori accettati come tali. Parlo di quei valori che nel tempo hanno permesso lo sviluppo della qualità della convivenza sociale e che hanno migliorato anche la sopravvivenza. La Carta Costituzionale dovrebbe, perciò, fare esplicito riferimento al concetto di democrazia nella quale si riconosce e si fonda, per poi puntualizzare gli elementi sostanziali entro i quali si definisce il progetto di Stato che si intende costruire. Essendo la Costituzione un progetto, va reso esplicito che dovrà essere verificata, se non corretta, in itinere e che perciò la sua struttura dovrà essere ferma ma non rigida, presente in ogni parte ma non invadente, completa ma non definitiva.
Gli elementi strutturali sufficienti e necessari a costruire uno Stato democratico, per me, sono: la scuola, la salute, l’informazione, l’approvvigionamento energetico e le telecomunicazioni, i trasporti e i servizi di pubblica utilità come il servizio civile, la protezione civile e i servizi di sicurezza delle persone e del patrimonio.

Note sull’autrice
Grazia Baroni, nata a Torino il 25 febbraio del 1951. Ha ottenuto il diploma di liceo artistico e l’abilitazione all’insegnamento. Laureata in architettura, ha insegnato disegno e storia dell’arte nella scuola superiore di secondo grado. Ha partecipato alla fondazione della cooperativa Centro Ricerche di Sviluppo del Territorio (CRST) e collaborato ad alcuni lavori del Centro Lavoro Integrato sul Territorio(CELIT). Socia e collaboratrice del Centro Culturale e Associazione Familiare Nova Cana.

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