di Lorenzo Bissi
Due espressioni apparentemente simili di vivere il tempo, eppure con sfumature differenti.
“Carpe diem” è scritto dal famoso poeta latino Orazio fedele alla filosofia epicurea, in una favolosa ode: non chiederti, uomo, a cosa sei destinato, quanto tempo ancora ti rimane; la vita è breve, vivi al meglio ciò che ti è concesso, carpe diem.
Cogli l’attimo significa dunque accettare di buon grado tutto ciò che la nostra breve vita ci concede.
Seneca, divulgatore di filosofia stoica, invece, scriverà più tardi che l’unico possesso che l’uomo ha, senza rendersene conto, è il tempo, in particolare il presente. Le persone però, prese dalle loro futili occupazioni, non si rendono conto di sprecarlo, di buttarlo via. Oppure, immersi nella memoria del passato, o nelle aspettative per il futuro, non riescono a vivere nel presente: da qui l’esortazione “protinus vive”, vivi ora, perché solo così sarai uomo saggio.
Per capire meglio la differenza fra queste due concezioni di tempo forse è meglio specificare cosa intendevano epicurei e storici per il concetto di tempo.
Se per i primi il tempo era un continuo fluire di piccoli attimi, da afferrare, e la vita risultava un breve insieme di istanti, per gli stoici il tempo era circolare, le epoche, gli eventi si ripresentavano, e la vita era dunque breve solo in funzione all’uso che ne faceva ogni uomo: lo stolto perdeva il suo tempo e viveva una vita breve, il saggio invece aveva un’esistenza lunghissima, che gli permetteva di arrivare al fine ultimo, la virtù.
E mentre noi torniamo nel passato e prestiamo ascolto ai saggi latini, i ritmi frenetici di oggi sono tali che solo concedersi il tempo di pensare al tempo è il miglior esercizio per rallentarlo.
Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…
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Redazione di Periscopio
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