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Da: Paola Peruffo

Anche a Ferrara vince il No, ora ricostruire

A seguito dell’esito del Referendum intendo, come prima cosa, ringraziare tutti coloro che si sono spesi per questa lunghissima ed estenuante campagna elettorale, oltre a tutti quelli che si sono recati a votare.
Di considerazioni ce ne sarebbero da fare tantissime, mi concentro sulle principali.
Innanzitutto i cittadini hanno scelto di dire No a una riforma che perfino qualche esponente di Governo definiva non ideale o pasticciata. Al di là di veri obbrobri presenti nel testo, credo che a non pagare la fiducia dei proponenti sia stata l’arroganza di alcuni membri autorevoli della maggioranza, convinti di attuare una riforma da soli, senza l’ausilio e il coinvolgimento delle altre forze politiche in campo.
Questo, oltre al fatto di legare i destini del Governo stesso all’esito del Referendum che ha comportato la coerente ammissione di sconfitta di Renzi e alle sue conseguenti dimissioni.
“Non pensavo che gli Italiani mi odiassero tanto” ha dichiarato il Premier a caldo. Non credo sia così. L’odio pervade una certa fetta di collettività, non così amplia come qualcuno crede. La maggioranza dei cittadini sono semplicemente delusi. Delusi nel vedere calare sempre più il potere d’acquisto dei salari, nel leggere di poteri extra nazionali che suggeriscono o impongono riforme o leggi a loro uso e consumo, nel constatare l’incapacità del Governo di fronte ad emergenze che si allargano a macchia d’olio come lo sbarco di migranti, la fuga di giovani all’estero, la disoccupazione femminile, la tassazione iniqua.
E poi ritengo quantomeno assurda l’idea di promuovere una nuova filosofia della politica quando si sta in piedi grazie agli inciuci con politicanti che hanno cambiato casacca pur di accodarsi al governo.
Renzi se non odiato, quantomeno non è più amato da chi (non solo elettori del Pd) vedeva in lui un giovane lontano dalle vecchie logiche di partito, che proponeva di rottamare il vecchio sistema, a cominciare dalla riduzione degli stipendi nel settore pubblico perché “non può essere – diceva lui stesso – che un manager pubblico guadagni il doppio di Obama”. E invece tutto è rimasto come prima, malgrado si potesse mettere mano a questi casi che colpiscono l’opinione pubblica composta da tantissime famiglie in difficoltà.
Anche a Ferrara il Sì ha perso: di misura nel comune, in modo più drastico in provincia.
Sbaglia però chi si limita a semplificare l’analisi, stabilendo che ha perso il PD. Tra i voti del Sì c’erano universi variegati: oltre al nocciolo duro di elettori renziani, figurava anche chi riteneva giusta la riforma o buona parte di essa, oltre a tanti imprenditori e artigiani che hanno creduto a ciò che veniva richiesto dai mercati. Così come tra il No si inquadravano ali della sinistra estrema, oltre a qualche lembo del Pd, unitamente a partiti sì di opposizione, ma totalmente incompatibili tra loro.
Ecco allora che sia sul piano locale che su quello nazionale scatta l’ora zero. Mentre Mattarella analizzerà il da farsi, occorre che chi intende davvero assumersi l’onere della guida del Paese sappia avere quella lucidità e quella maturità necessarie a non lanciare semplicemente slogan, ma a imbastire un’unione basata su programmi reali e concreti, capaci di coinvolgere la Maggioranza silenziosa e delusa di questa nazione.

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