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“Vivevo alla grande,forse mi sentivo di poter fare tutto. Mi è venuto sonno ma non mi sono fermato. Quando ho aperto gli occhi avevo un tir di fronte”. Sono passati più di 180 giorni, ma il ricordo di quella notte a cavallo tra il 5 e il 6 giugno difficilmente si potrà cancellare nella testa di Daniele Silandri, studente ferrarese di 25 anni che si è incidentato con la sua Audi A1 contro un tir lungo la statale 16, a pochi chilometri da casa. Le prime pagine dei giornali locali hanno riportato la notizia. Quella notte ha cambiato per sempre la sua vita: “Mi sento fortunato, miracolato. Ora voglio cambiare”, dice convinto.

Vorrei mettere le carte in tavola. Ci può raccontare realmente ciò che è accaduto? Di chi è la responsabilità?
Sono il primo a dirlo, la colpa è senz’altro mia. Era un periodo intenso della mia vita, avevo lasciato Rimini, dopo essermi trasferito lì per lavoro, per andare a Milano e seguire un master. Sia a Rimini che a Ferrara, città dove sono nato e cresciuto, ho amici e famiglia. Cercavo di fare la vita di sempre, ogni week end.

Come stava andando la sua vita?
Lavoravo come personal trainer in una palestra di Milano, studiavo e facevo avanti e indietro con la macchina. Ero stato catturato da un vortice di onnipotenza, credevo di poter fare tutto. All’inizio di giugno stavo lavorando al Rimini Wellness e alloggiavo in un hotel in città. Quale miglior occasione per rivedere i miei amici? Era stata una settimana bella intensa, legata già a un periodo frenetico anche se molto bello. Finito di lavorare, dopo il solito turno dalle otto del mattino alle diciannove della sera, mi lavavo e uscivo a mangiare e poi discoteca con amici e non tornavo a casa prima delle cinque del mattino.

Così è andata anche quella sera, prima dell’incidente?
Dopo il solito turno di lavoro, avevo deciso che sarei tornato a Ferrara dalla mia famiglia, per rimanere a dormire due tre ore e ripartire per Milano, perché alle otto avrei avuto lezione. Era l’ultimo giorno del Rimini Wellness e c’era molto traffico, decisi di andare a mangiare una pizza e poi partire qualche ora più tardi. Ero veramente stanco. Ma credevo di potercela fare. “Tanto -pensavo – è successo già altre volte che mi sentissi così stanco, ma non è mai successo niente ed è sempre andato tutto bene”.

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Daniele Silandri, ferrarese di 25 anni

Quindi a che ora è partito?
“Sono partito da Rimini intorno alle 23 già molto stanco. Sono rimasto in autostrada fino ad Imola al telefono con un mio amico. Ad imola ho imboccato le vie interne fino ad arrivare a Ferrara, ma non ci sono arrivato”.

Se non se la sente di continuare possiamo fermarci.
“No no ci sono. Dunque, ci ho messo circa due ore e mezza ad arrivare sulla via Ravenna, quando sono partito c’era ancora molto traffico. A dieci minuti da Ferrara, verso le 2, è successo tutto. Sapevo di essere molto stanco, mi è successo altre volte di esserlo così, ma mancavano pochi chilometri. “Ce la faccio!”,mi ripetevo. Ma la palpebra calava e mi sono addormentato. Mi sono svegliato al momento dell’impatto. Chiedo scusa, è un po difficile: ricordare fa male.

E’comprensibile. Le ripeto che possiamo fermarci.
“No no, grazie. Avrei potuto chiedere a chiunque un appoggio per dormire a Rimini, ma non sono capace di natura; non sono uno che chiede favori a qualcuno. Credevo davvero di essere immortale. Mi sono reso conto solo in seguito di essermi portato allo stremo delle forze, con il mio stile di vita, diciamo ‘fastlife’.

Cosa intende per ‘fastlife’?
Vita veloce, niente riposo, avevo annebbiato i miei principi. Mi sentivo grande, credevo di poter fare tutto. Con gli amici ero sempre in festa, poco sonno, poco tempo per me stesso e non avevo mai pensato di staccare.

Se la sente di tornare al momento dell’incidente?
Sì, non c’è problema. Quando ho aperto gli occhi, la macchina si era già scontrata contro il tir ed era in movimento, la prima cosa che ho pensato è stata: “Sono uno stupido”. Quando la macchina ha smesso di girare e si è fermata, la prima cosa che ho fatto d’istinto è stata toccarmi le gambe. Quella a destra era a posto, la sinistra aveva una sporgenza, ma con i pantaloni lunghi non la vedevo. Sapevo di avere una frattura esposta ma avevo troppa adrenalina per sentire il ben che minimo dolore. Avevo graffi ovunque, ematomi e abrasioni sulle braccia, sul collo e sul viso, ho scoperto ma solo in ospedale di avere due costole rotte. Ma sono vivo! Sono miracolato!.

Quando sono arrivati i soccorsi? Com’è andata?
Non so chi li abbia chiamati, ma sono stati velocissimi, anche se in quel momento per me il tempo era molto relativo. Ci avranno messo massimo cinque minuti ad arrivare. Sono arrivati ambulanza e vigili del fuoco. Hanno tagliato la portiera della macchina e mi hanno estratto prendendomi dal torace, mi hanno messo sulla barella e intanto che mi portavano via mi hanno chiesto dati e informazioni personali. Poi mi hanno addormentato. Ma negli attimi dell’incidente ero lucido, ho detto ai medici che mi ero addormentato. Cavolo, ero vestito ancora da lavoro, ero scioccato. Quella stessa sera sono stato operato d’urgenza all’ospedale di Cona e ricoverato in sala rianimazione per una settimana, per poi essere spostato in ortopedia. Avevo subito un’operazione transitoria con fissaggi esterni alla gamba sinistra. Sono tornato a casa due settimane, per poi tornare il sette luglio per una seconda operazione. Sono stato un mese con la gamba che non comprendeva le articolazioni del ginocchio, alcuni pezzi dell’osso si sono sbriciolati. Ma sono vivo, ancora non mi rendo bene conto.

Ed ora?
Ora sto facendo fisioterapia una volta al giorno e vediamo passo dopo passo di migliorare. Riesco un po’ a camminare, ma con le stampelle.

Com’è andata per l’autista del tir?
Non ha avuto nessun danno fisico, ma ancora non so chi sia, sicuramente ha avuto un grande choc. Da quello che mi hanno detto i carabinieri, è rimasto dieci giorni a casa dal lavoro e mi ha denunciato. Il 12 novembre sono andato in caserma per chiedere di conoscerlo di persona. Ma non è stato possibile.

Se potesse incontrarlo cosa gli direbbe?
Sicuramente mi scuserei. Ma poi chiederei i motivi della sua denuncia che aggrava una situazione per me già non leggera.

Grazie per il suo racconto. Prima di congedarci vorrebbe aggiungere qualcosa?
Ho tanti sensi di colpa, la prima cosa che ho detto a mia madre quando mi sono svegliato in ospedale è stata “Non l’ho fatto apposta!”. Avevo le lacrime agli occhi. Tutto quello che è successo mi ha fatto tornare bruscamente alla realtà. Non siamo i re del mondo, come credevo. Siamo padroni di noi stessi certo, ma fino ad un certo punto. La vita è una sola e va vissuta, è un dono. Ho fatto molti errori che molti ragazzi della mia età fanno, ora è tutto cambiato. Sto vivendo una vita che non ho scelto in un corpo che non si riconosce. Secondo me non è un caso che l’incidente mi abbia preso le gambe. Quando penso alle gambe penso al movimento, il mio è stato frenato. La mia fastlife è stato frenata. Ringrazio tutti quelli che mi hanno sostenuto e mi sono stati vicini, la mia famiglia e i miei amici. Grazie di cuore.

La prima pagina de Il Resto del Carlino Ferrara che riporta la notizia
La prima pagina de “Il Resto del Carlino Ferrara” che riporta la notizia
L'articolo e le fotografie riportate da Il Resto del Carlino
L’articolo e le fotografie riportate da “Il Resto del Carlino”
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Simone Modica



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