Interessi sugli interessi, il cappio delle banche che soffoca le imprese
Tempo di lettura: 3 minuti
Anatocismo, ossia il calcolo degli interessi sugli interessi. Per molti è sinonimo di fallimento. “Il debitore – spiega Cora Bonazza, consulente di risanamento aziendale – si trova spesso a sua insaputa a dover pagare non solo gli interessi pattuiti con la banca, sempre che lo siano stati per iscritto come prevede la legge, ma anche quelli calcolati sugli interessi scaduti”. Le difficoltà in cui annaspano le aziende, il loro rigido rapporto con le banche, che nella maggioranza dei casi non supportano più il rischio d’impresa a fronte di una crisi economica senza precedenti, sfociata in una debacle occupazionale con il conseguente quanto inevitabile crollo dei consumi e la mancanza di lavoro, ha messo all’angolo moltissime imprese.
Tre cause vinte contro due istituti di credito – la Cassa di Risparmio di Ferrara e la Carive – è il bilancio enunciato da Cora Bonazza e dall’avvocato Roberto Anselmi, che hanno lavorato a favore di un paio di imprese e un libero professionista chiamati a fare i conti con interessi troppo alti, frutto di calcoli attributi, appunto, “all’anatocismo, un reato ancora poco conosciuto sul quale non c’è sufficiente informazione”.
Piccole, grandi e medie, storiche o giovani, non fa differenza. “Penso alla ‘Pozzati e Crepaldi’ di Porto Viro specializzata in serramenti – racconta Bonazza – hanno rischiato grosso, molti istituti di credito (ma per fortuna non sono tutti uguali) alle prime difficoltà chiedono il rientro. Nel loro caso abbiamo passato ai raggi x 20 anni di rapporto con l’istituto di credito, per fortuna era tutto nero su bianco e CariVe è stata condannata a pagare 216 mila euro di risarcimento”. Prevenire, spiega la Bonazza, è sempre meglio di trovarsi di fronte a un decreto ingiuntivo. “Non ci vuole nulla perché si arrivi a vederselo recapitare, purtroppo molte aziende e anche liberi professionisti, tacciono per paura di peggiorare le situazioni – continua – In realtà sarebbe meglio fare emergere i problemi in modo da costringere gli istituti a una maggior trasparenza. Bloccare l’anatocismo significa spesso evitare il peggio, come ad esempio che vadano all’asta beni frutto del risparmio di una vita”.
E ancora: “Penso al geometra Michele Brunelli, alla sua casa messa in vendita, non escludo che proprio quelle preoccupazioni gli abbiamo procurato l’infarto che l’ha ucciso”, racconta. Anche nel caso dello scomparso geometra edile di Ostellato, ricorda la consulente, ci sono voluti tre anni ma la causa contro Carife è stata vinta così come quella della società Emac, che si occupava di impianti e attrezzature antincendio. “Sia chiaro noi non diciamo alle aziende di fare causa alle banche, l’istituto di credito non è responsabile di un investimento sbagliato – prosegue – può però essere tra le concause di un fallimento”. La consulente invoca un atteggiamento più etico. “Quando c’è un mutuo di mezzo e contemporaneamente una situazione a rischio, bisognerebbe suggerire la sospensione del primo – spiega – è una cosa che si può fare, ma spesso si evita perché è venuto meno il rapporto umano. Non si pensa che con quella sospensione un imprenditore potrebbe pagare gli stipendi dei suoi dipendenti. Ci vorrebbe una maggior coscienza del e sul lavoro”. E di contro, spiega, gli imprenditori non possono continuamente controllare i professionisti a cui si affidano perché trovino soluzioni adeguate alle loro esigenze. Hanno altro da fare.
“Per quanto riguarda le banche ci sono condizioni negative che sono mascherate nelle voci che compaiono sull’estratto conto – spiegano gli avvocati Roberto Anselmi e Carlo Bergamasco – succede spesso che analizzando la posizione bancaria, sia il cliente a dover pretendere crediti dal suo istituto ”. Insistere per un approfondimento significa avere l’opportunità di bloccare possibili pignoramenti, vendite all’asta e revoche dei conti. Ormai, insistono i legali, non è più legale calcolare gli interessi sugli interessi. “Le persone non sanno che possono richiedere il rimborso entro 10 anni dalla chiusura del conto – conclude – Non sanno neppure che le banche hanno fatto degli accantonamenti in previsione di future cause, che potrebbero metterle nelle condizioni di dover pagare”.
Sostieni periscopio!
Monica Forti
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it