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Nel 1946 Hailè Selassiè, per conto del Governo etiopico, presentò alla Conferenza di Pace di Parigi un memorandum che segnalava le seguenti sconcertanti perdite umane, ma nessun italiano venne mai punito per questi massacri, favorendo la rimozione collettiva e la mancanza di presa di coscienza, tuttora persistente, dei crimini compiuti durante le guerre coloniali fasciste in Etiopia:
Totale esseri umani assassinati: 760.300.
Persone morte a causa della distruzione dei loro villaggi: 300.000
Massacri di civili e religiosi del Yakitit 12-19 febbraio 1937: 30.000
Patrioti morti nei campi di lavoro a causa di privazioni e maltrattamenti: 35.000
Patrioti uccisi dalle corti marziali: 24.000
Donne, bambini e infermi uccisi dalle bombe: 17.800
Patrioti uccisi in battaglia: 76.000
Uccisi in azione: 275.000 

“Fai attenzione a non rovinare il buon nome dell’Etiopia con atti degni del nemico. Vedremo che i nostri nemici sono disarmati e se ne andranno nello stesso modo con cui sono venuti.”  Hailè Selassiè

Il decreto di San Michele, pubblicato il 20 gennaio 1941, contestualmente all’imminente ritorno in territorio etiopico dell’imperatore, concesse l’amnistia a tutti coloro che avevano collaborato con gli italiani e fece appello alla popolazione affinché, malgrado i lutti subiti, agisse con cavalleria e rispetto verso i prigionieri italiani: “Io (Hailè Sallassiè) vi raccomando di accogliere in maniera conveniente e di prendere in custodia tutti gli italiani che si arrenderanno, con o senza armi. Non rinfacciate loro le atrocità che hanno fatto subire al nostro popolo. Mostrate loro che siete dei soldati che possiedono il senso dell’onore e un cuore umano. Vi raccomando particolarmente di rispettare la vita dei bambini, delle donne e dei vecchi. Non saccheggiate i beni altrui anche se appartengono al nemico. Non incendiate le case.”
Quando Hailè Selassiè entrò trionfalmente ad Addis Abeba il 5 maggio 1941, a cinque anni esatti dall’inizio dell’occupazione italiana, riassumendo ufficialmente il titolo di imperatore, anche in questa occasione si comportò in modo cavalleresco verso i civili italiani (circa 35.000) concentrati nella capitale: furono impedite rappresaglie e vendette e fu emanato un editto di perdono in cui tra l’altro si diceva: “Poiché oggi è un giorno di felicità per tutti noi, dal momento che abbiamo battuto il nemico, rallegriamoci dello spirito di Cristo. Non ripagate dunque il male col male. (…) Prenderemo le armi al nemico e lo lasceremo andare a casa per la stessa via dalla quale è venuto.”

Solo a ogni mente abbruttita dall’arroganza colonialista può risultare impossibile, nel considerarne la figura umana, la dimensione politico-religiosa e la statura morale, non comprendere e apprezzare la grandezza e la dignità del Negus Neghest, il Re dei Re, emersa e consacrata a livello mondiale in due memorabili discorsi, il primo precedente e il secondo successivo al suo legittimo re-insediamento.

Hailé Selassié proclamato uomo dell'anno per il 1936 dalla rivista Time
Hailé Selassié proclamato uomo dell’anno per il 1936 dalla rivista Time

Il 12 maggio 1936, davanti all’Assemblea della Società delle Nazioni riunita al completo a Ginevra, ma con la sola assenza della delegazione del governo italiano volutamente autoritiratasi, l’Imperatore pronunciò in lingua aramaica un discorso di condanna dell’aggressione militare italiana, dei metodi di sterminio adottati e sui diritti alla pace, libertà e giustizia di ogni popolo oppresso:
«[…] È mio dovere informare i governi riuniti a Ginevra, in quanto responsabili della vita di milioni di uomini, donne e bambini, del mortale pericolo che li minaccia descrivendo il destino che ha colpito l’Etiopia. Il governo italiano non ha fatto la guerra soltanto contro i combattenti: esso ha attaccato soprattutto popolazioni molto lontane dal fronte, al fine di sterminarle e di terrorizzarle. […] Sugli aeroplani vennero installati degli irroratori, che potessero spargere su vasti territori una fine e mortale pioggia. Stormi di nove, quindici, diciotto aeroplani si susseguivano in modo che la nebbia che usciva da essi formasse un lenzuolo continuo. Fu così che, dalla fine di gennaio del 1936, soldati, donne, bambini, armenti, fiumi, laghi e campi furono irrorati di questa mortale pioggia. Al fine di sterminare sistematicamente tutte le creature viventi, per avere la completa sicurezza di avvelenare le acque e i pascoli, il Comando italiano fece passare i suoi aerei più e più volte. Questo fu il principale metodo di guerra. […] A parte il Regno di Dio, non c’è sulla terra nazione che sia superiore alle altre. Se un governo forte acquista consapevolezza che esso può distruggere impunemente un popolo debole, quest’ultimo ha il diritto in quel momento di appellarsi alla Lega delle Nazioni per ottenere il giudizio in piena libertà. Dio e la storia ricorderanno il vostro giudizio. […]»

La sintesi dell’insegnamento di Hailé Selassiè è contenuta in alcuni passaggi del discorso rivolto di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1963: “Dobbiamo diventare qualcosa che non siamo mai stati, e per cui la nostra istruzione e la nostra esperienza e il nostro ambiente non ci hanno adeguatamente preparato. Dobbiamo diventare più grandi di quel che siamo stati sinora: più coraggiosi, di spirito più elevato e di più larghe vedute. Dobbiamo diventare membri di una nuova razza, superando ogni meschino pregiudizio, offrendo il nostro appoggio finale non alle nazioni, ma ai nostri simili all’interno della comunità umana”.

Hailè Selassiè

L'immagine di Hailè Selassiè portata in trionfo da Bob Marley durante un concerto
L’immagine di Hailè Selassiè portata in trionfo da Bob Marley durante un concerto

Oltre a questo invito rivolto alla capacità naturale dell’umanità di trascendere e rivoluzionare i condizionamenti della propria cultura, del proprio status sociale e della propria appartenenza etnica e quindi di progredire evolvendosi, Hailè Selassiè riuscì ad anticipare il concetto di “cittadinanza mondiale” e di “emancipazione dalla schiavitù mentale” con la forza e l’efficacia di parole che non hanno mai più smesso di essere ripetute, riscritte o ricantate ovunque nel mondo.
Il movimento Rastafari, da molti abbreviato in “Rasta”, dal nome di Hailè Selassiè , prima della sua ascesa al trono – una combinazione del suo nome “Tafari” e del titolo nobiliare “Ras”, che si traduce in “principe”- è da allora universalmente associato a valori di liberazione, pace, eguaglianza, in contrasto con ogni sistema di oppressione fascista, coloniale, imperialista e militarista.

«Riguardo alla questione della discriminazione razziale, la Conferenza di Addis Abeba ha insegnato questa ulteriore lezione, a coloro che la vogliono imparare: finché la filosofia che considera una razza superiore e un’altra inferiore non sarà finalmente screditata e riprovata; finché in nessuna nazione non vi saranno più cittadini di prima e di seconda classe; finché il colore della pelle di un uomo non avrà più valore del colore dei suoi occhi; finché i diritti umani fondamentali non saranno ugualmente garantiti a tutti, senza distinzione di razza; fino a quel giorno, il sogno di una pace duratura, la cittadinanza del mondo e le regole della morale internazionale resteranno solo una fuggevole illusione, perseguita e mai conseguita …

… finché l’ignobile e drammatico regime che oggi opprime i nostri fratelli in Angola, in Mozambico, in Sudafrica, con le sue disumane catene, non sarà rovesciato e totalmente spazzato via; finché il bigottismo, il pregiudizio e l’interesse personale inumano e malevolo, non saranno sostituiti dalla tolleranza, la comprensione e i buoni propositi; finché gli africani non si alzeranno e parleranno come esseri liberi, uguali agli occhi di tutti gli uomini, come sono uguali davanti agli occhi del cielo; fino a quel giorno il continente africano non conoscerà pace. Noi africani, combatteremo, se necessario, e sappiamo che vinceremo, poiché confidiamo nella vittoria del Bene sul Male».
Dopo quasi sessant’anni, mai come in quest’ultimo periodo storico e in concomitanza con la Festa di Liberazione dal Fascismo del 25 Aprile, non è più possibile non constatare la portata e il valore profetico delle illuminanti parole di Hailé Selassiè.

(continua)

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Franco Ferioli, l’inviato di Ferraraitalia nel tempo e nello spazio, è autore e curatore di Controinformazione, una nuova rubrica. C’è un’altra storia e un’altra geografia, i fatti e misfatti dell’Occidente che i media preferiscono tacere, che non conosciamo o che preferiamo dimenticare. CONTROINFORMAZIONE  ci racconta senza censure l’altra faccia della luna: per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca [Qui]

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Franco Ferioli

Ai lettori di Ferraraitalia va subito detto che mi chiamo, mi chiamano e rispondo in vari modi selezionabili o interscambiabili a piacimento o per necessità: Franco Ferioli Mirandola. In virtù ad una vecchia pratica anagrafica in uso negli anni Sessanta, ho altri due nomi in più e in forza ad una usanza della mia terra ho in più anche un nomignolo e un soprannome. Ma tranquilli: anche in questi casi sono sempre io con qualche io in più: Enk Frenki Franco Paolo Duilio Ferioli Mirandola. Ecco fatto, mi sono presentato. Ciao a tutti, questo sono io, quindi quanti io ci sono in me? tanti quanti i mondi dell’autore che trova spazio in questo spazio? Se nelle ultime tre righe dovessi descrivere come mi sento a essere quello che sono quando vivo, viaggio, scrivo o leggo…direi così, sempre senza smettere di esagerare: “Io sono questo eterno assente da sé stesso che procede sempre accanto al suo proprio cammino…e che reclama il diritto all’orgogliosa esaltazione di sé stesso”.


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