Da PARIGI – La Tour Eiffel ha brillato per i siriani, vittime di tre anni di una guerra devastante con 146.000 morti e il più alto numero di rifugiati al mondo. Al tramonto, la scritta #AvecLesSyriens è stata proiettata sul primo piano della Tour Eiffel, mentre in quasi tutto il mondo si stavano svolgendo manifestazioni di sostegno al popolo siriano. Davanti, nella spianata del Trocadero dedicata ai diritti dell’uomo, decine di siriani si sono raccolti per manifestare contro il governo di Assad, con canti e cori antiregime, tante le donne e tanti i bambini. E’ accaduto sabato scorso. Anche noi eravamo lì, con loro, fianco a fianco, e abbiamo voluto guardarli negli occhi, parlare con loro, raccogliere alcune testimonianze e conoscere quelle storie che ci toccano sempre più da vicino.
Non parla francese, ma la sorella traduce per noi: è una giovane donna, ci racconta di essere fuggita quattro mesi fa dal campo di Yarmuk e di aver raggiunto la Giordania, dopo che la sua casa era stata presa di mira dai soldati di Assad e i proiettili le passavano sulla testa giorno e notte. E’ riuscita a portare con sé i suoi tre figli di due, quattro e dodici anni, che le stanno stretti accanto, lo sguardo un po’ smarrito ma sereno. Voleva fin da subito raggiungere la Francia perché ha due sorelle che vivono a Parigi da anni, ma non riusciva ad ottenere il visto; ha raggiunto la capitale solo un mese fa, dopo che le sorelle la sono andata a cercare direttamente in Giordania. “Mio marito è stato ferito mentre usciva da una moschea, adesso si trova in Francia”, ma non ci dice dove. Ora accenna un sorriso, guardando la scritta che è dedicata anche a lei, il viso dolce, illuminato da un tramonto colorato di rosa.
Ma l’atmosfera è grave, gli sguardi tristi e spenti, molte donne tengono tra le mani cartelli con la foto dei loro uomini, di prigionieri politici.
Hanno smesso di cantare i Refugees of Rap, intervistiamo i due rapper che si sono uniti alla manifestazione: “Mi chiamo Yasser Jamous e questo è mio fratello Mohamed, siamo palestiniani-siriani, siamo a Parigi dal marzo 2013. Per ottenere il visto per la Francia, prima siamo dovuti passare per il Libano. Abbiamo iniziato a suonare nel 2005 nel campo per i rifugiati palestinesi di Yarmuk, al confine con Damasco, con canzoni che non parlavano di guerra; siamo diventati famosi e ci chiamavano a suonare in diversi Paesi del Medio Oriente. Quando sono cominciate le rivolte nel marzo del 2011, ci siamo messi a scrivere testi antiregime, contro la dittatura di Assad. Presto abbiamo cominciato a ricevere minacce, il nostro fratello più piccolo è stato imprigionato, poi per fortuna rilasciato, e il nostro nuovo studio completamente distrutto, era stato finanziato dalle Nazioni unite, lo avevamo chiamato Sawt Al Shaab (The voice of the people). Abbiamo dovuto lasciare il nostro Paese, ma ora, come rifugiati politici, denunciamo con le nostre canzoni le atrocità subite dal popolo siriano.
La manifestazione di Parigi si è unita alle iniziative di solidarietà e di mobilitazione a livello internazionale, per chiedere ancora una volta ai capi di stato di adoperarsi e fermare al più presto questo terribile e inutile massacro, è stata organizzata da Amnesty International France e altre organizzazioni, tra cui Action des Chrétiens pour l’Abolition de la Torture, CARE France, CCFD – Terre Solidaire, Comité de l’Action Chrétienne en Orient, Fédération internationale des Ligues des droits de l’Homme, Justice et Paix, la Vague Blanche pour la Syrie, Médecins du monde, Oxfam France, Pax Christi France, Reporters sans frontières, le Réseau Euro Méditerranéen des Droits de l’Homme, Vision du Monde.
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Sara Cambioli
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