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Scuola in presenza, ma come?

Che la politica di questi ultimi trent’anni sia fortemente infiltrata dalla gramigna della propaganda è un fatto che chiunque può dimostrare. D’altronde il consenso, come ebbe modo di dire Massimo D’Alema, è un obiettivo per le forze politiche.

La responsabilità di questo fenomeno, quindi, è certamente dei cittadini che in un modo o nell’altro dimostrano, in grande maggioranza, di essere sensibili all’offerta delle sirene mediatiche provenienti da destra, sinistra e centro.
Certo, una buona propaganda può essere anche frutto di una lucida visione e di un progetto comprensibile, per cui il termine non è negativo in sé. Lo diventa quando, a consenso consegnato, i partiti non si mostrano in grado di assumere la responsabilità sulle stesse linee delle loro proposte, perché il consenso lo sondano ogni giorno attraverso i loro social media manager. Si verifica dunque una disgregante politica della navigazione a vista che porta ad una sostanziale ingovernabilità.

Unica via praticabile: un governissimo con tutti dentro o quasi gestito da un mediatore autorevole.
Si badi bene, la politica è l’arte del possibile come scrisse Bismarck, e non c’è nulla di male nel ricorrere ad un governo di unità nazionale per fronteggiare una crisi come quella che stiamo vivendo, ma la necessità dei partiti di non perdere i capisaldi delle loro rispettive fumose identità sta portando a soluzioni che rischiano di gettare il paese nel caos.

Un esempio lo vedremo presto con l’apertura delle scuole lunedì 10 gennaio. L’unica cosa sulla quale le forze di governo si sono mostrate unite è l’adesione al dogma della “presenza in classe”.
In pieno sviluppo della pandemia, con le Asl in evidente crisi sui tracciamenti dei contagi, con regole che non tengono conto di una minima e razionale organizzazione del servizio, il personale della scuola si troverà a mettere la faccia di fronte ai genitori, senza nemmeno avere avuto il tempo di concordare risposte alle loro domande.

Pare che a nessuno siano venuti dubbi nemmeno al grido di allarme dei presidi, che non mi risulta siano mai stati pericolosi rivoluzionari e disfattisti.
La parola compromesso può avere un nobile significato, sta alla base della convivenza; diventa negativa e devastante quando l’accordo è il pasticcio che contempera posizioni contraddittorie giustapposte.

Cassandra? Cerco di non dimenticare mai che aveva ragione.

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Davide Nani



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